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NOVELLA LVIII 485 di lei. Certificato che fu di questo, tenne modo col canevaro, parte minacciandolo e parte con buone parole promettendoli di molte cose, che il canevaro restò contento d’avvisàrlo la prima volta che la donna ricevesse Tigrino in camera. Onde essendo una notte gli amanti insieme ed amorosamente trastullandosi, il canevaro, non volendo mancare di quanto aveva promesso, poi che ebbe l’amante introdutto in camera, se n’andò ad avvisar il cognato; il quale, essendosi di già provisto con alcuni uomini da bene, andò a la camera de la cognata e, quella pianamente con chiavi contrafatte aperta, trovò i dui amanti, stracchi del giocare a le braccia, ignudi dormire. Aveva egli recato alcuni torchi accesi in camera, e quelli che seco erano avevano le spade ignude in mano. Si risvegliò Tigrino e, reggendo il cognato de la donna di quel modo provisto, si tenne morto e non sapeva che dire. Alora il cognato de la donna gli disse: — Tigrino, questa dislealtà e sceleratezza che tu in casa mia a disonor mio e di mio nipote hai usata, non è già meritata da noi. Ma a ciò che ad un tratto questa macchia da noi si levi, tu farai bene e sodisfarai a tutti di far cosi : che si come questa notte mia cognata è stata tua, ella anco per l’avvenire sia, fin che viverete; che sarà, se tu a la presenza di questi uomini da bene la sposi. Altrimenti tu non andarai per fatti tuoi. — Tigrino conobbe che costoro non gli volevano far violenza, a ciò che, sposando la donna, il matrimonio fosse vero, e per questo era quivi il notaio con testimoni, che non avevano arme. Il cognato anco era disarmato. Pensò poi che se egli non la sposava, di leggero, essendo egli ignudo e solo, che da quelli armati sarebbe stato ammazzato. Il perché, tirato anco da l’amore che a la donna portava, la quale piangendo e dubitando anco ella de la vita lo pregava a far questo, quella a la presenza di tutti sposò, e in letto con la donna rimanendo, il suo terreno e non l’altrui ritornò a lavorare. Fatto questo, dopo qualche di essendosi il matrimonio per tutta Ferrara divolgato e Tigrino avendo la moglie a casa menata, con quella godendo i suoi amori, lieta vita menava. Ma non troppo vissero in questa contentezza, ché Tigrino, morendo, passò a l’altra vita. Rimasa la donna la seconda