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466 PARTE .ERZA messer Galeazzo Calvo Mariscotto, uomo di grande autorità, agramente lo sgridò e riprese acerbissimamente ed essortandolo che oramai a tante sue sceleratezze volesse por fine e non tener sempre la conscienza sotto i piedi, perché il gran diavolo infernale un giorno, non s'emendando, il porterebbe via in anima e in corpo. Sorrise a questo il malvagio dottore e disse che non sapeva ove fosse la conscienza e che cosa faceva il demonio che non veniva. E di più disse: — Messer Galeazzo, io vi vo' dire la verità. La sera, quando io mi corco per dormire, io mi fo il segno de la croce, di meraviglia che questo vostro diavolo, che mi predicate esser si terribile, non m’abbia il di portato via. La matina poi, destandomi, mi levo e di meraviglia anco mi segno, che mi ritrovo pur vivo e sano. Ma io lo scuso, ché deve aver altro che fare. Ma che! tutte sono favole di frati, ché non ci è né diavolo né inferno. — Udendo messer Galeazzo cosi scelerata risposta, stette un poco sopra di sé; poi gli disse: — Voi ve n'accorgerete a la fine dove i peccati vostri vi meneranno. — Né altro mai più volle dirgli, parendoli che sarebbe pestar acqua in mortaio.