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PARTE .ERZA
messer Galeazzo Calvo Mariscotto, uomo di grande autorità,
agramente lo sgridò e riprese acerbissimamente ed essortandolo
che oramai a tante sue sceleratezze volesse por fine e non
tener sempre la conscienza sotto i piedi, perché il gran diavolo
infernale un giorno, non s'emendando, il porterebbe via in anima
e in corpo. Sorrise a questo il malvagio dottore e disse che
non sapeva ove fosse la conscienza e che cosa faceva il de¬
monio che non veniva. E di più disse: — Messer Galeazzo, io
vi vo' dire la verità. La sera, quando io mi corco per dormire,
io mi fo il segno de la croce, di meraviglia che questo vostro dia¬
volo, che mi predicate esser si terribile, non m’abbia il di por¬
tato via. La matina poi, destandomi, mi levo e di meraviglia
anco mi segno, che mi ritrovo pur vivo e sano. Ma io lo scuso,
ché deve aver altro che fare. Ma che! tutte sono favole di
frati, ché non ci è né diavolo né inferno. — Udendo messer
Galeazzo cosi scelerata risposta, stette un poco sopra di sé;
poi gli disse: — Voi ve n'accorgerete a la fine dove i peccati
vostri vi meneranno. — Né altro mai più volle dirgli, parendoli
che sarebbe pestar acqua in mortaio.