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l’AUTE TERZA che troppo non era di donne vago, deliberò non perder questa ventura. Onde tutto i! di in camera la tenne, ove la fece disinare e cenare, ed anco egli seco mangiò e due volte seco si prese amorosamente piacere. E perché de le fantasme che di notte vanno a torno ella talora non avesse paura, tutta la notte le tenne nel letto buona compagnia, e volle che anco ci stesse un cancegliero del capitano, che era buon compagno. A la donna parve un nuovo mondo questo, perciò che il marito non le scoteva il pelliccione due e tre volte il mese, e alora tra il di e la notte da tre uomini aveva avuto più di diciotto prevende di biada. Sono alcuni che dicono che quella notte tutti i palafrenieri di stalla si giacquero con lei e che tutta la notte fu tenuta svegliata; ma io ho pur inteso che la cosa fu come v’ho narrato. La matina convenne a Niccolò Piccinino andar a Milano per parlare col duca Filippo, ove stette quattro o cinque giorni, nei quali il maestro di stalla e il cancegliero sempre fecero a la donna buona compagnia. Si che ella fu tutte quelle notti benissimo trattata con grandissimo suo piacere, non avendo mai simil diletto provato. Ora, essendosi a Milano Niccolò Piccinino spedito, se ne tornò a Pavia al suo solito albergo. Era sempre stato il detto capitano alieno da l’amore de le donne, onde il maestro di stalla deliberò dirgli il fatto come stava, a ciò che se da altri poi l’avesse saputo, egli seco non si fosse adirato. Andò adunque a trovarlo e il tutto che de la donna era seguito gli raccontò. Niccolò Piccinino, sentendo questa favola, disse al suo maestro di stalla: — Buon prò a te e al cancegliero! Io ti aveva fatto ritener la donna per farle far la pace col marito; ma Tessermi stato bisogno andar a Milano me la cavò di fantasia. Ora non so mò come si potrà comodamente fare, essendo oggimai otto di che ella è ne le mani nostre. Come faremo noi? — Signore — rispose il maestro di stalla, — ella non vuole a patto nessuno tornar col suo marito, si perché è vecchio e le fa far digiuni che non sono in calendario, ed altresì perciò che dubita che poi il marito non Tancidesse. Ella è forse de le belle giovani di questa città e la più gentil figliuola del mondo, ed è un gran peccato che sia a le mani di questa bestia. — Niccolò Piccinino, sentendo