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NOVELLA XLI 375 assai che fare ad accordarsi seco; ina, veggendo che cosa qhe egli facesse o le dicesse non giovava, deliberò lasciarla gridare e mai non le rispondere. E cosi pazientemente se ne visse seco trenta anni che mai non la sgridò. Avvenne che egli un di invitò a desinar seco un suo amico. Ora, essendo*a tavola e desinando, ella che era dirimpetto a l'amico del marito, veggendo in tavola certa vivanda che non era concia a modo suo, entrò in còlerà e quivi cominciò una intemerata di gridare e garrire ora quel servidore cd ora una fantesca. E tuttavia crescevano i gridi, di modo che l’amico invitato non poteva quella seccaggine sofferire, e fu quasi per levarsi da mensa. Di questo accorgendosi, il marito disse: — Oimè, fraterno, che poca pazienza è la tua? Io trenta anni ho sofferto le strida, i gridi, i romori e le molestie insup- portabili di costei e giorno e notte mai altro non sento e pazientemente il tutto soffro, e tu mezza ora sentire non la puoi? — L’amico a queste parole s'acquetò e la donna tanto vertuosa- mente trafitta si senti che tutta la sua vita cangiò, e divenne poi sempre quieta, umana, piacevole e graziosa. — Voglio mò dimostrarvi come un guascone con una bella e pronta risposta si seppe da un vantatore spagnuolo schermire. Andava da Bologna a Firenze Pirrinicolo guascone, il quale, essendo a Bianoro a l’osteria, trovò che l’oste aveva concia una anitra giovane e grassa a rosto, tutta piena d'aglio, che è il pepe dei guasconi. Veduta che egli l’ebbe, disse a l’oste che altra carne per desinare non voleva che quella anitra; e a tavola s'assise e cominciò a smembrare l’augella, che ancora fumava e rendeva un bonissiino odore. Ed ecco in questo che entrò dentro un giovine spagnuolo, grande di persona, con la spada ed il brochiero a lato, il quale, come senti l’odore de l'arrosto, gittò l’ingorda vista sovra l'anitra e disse al guascone: — Signore, vi piace egli dar luogo in tavola ad un vostro amico? — A questo rispose Pirriniculo e gli domandò come si chiamava. — Io, signore — disse lo spagnuolo, — mi chiamo per mio proprio nome Alopanzio Ausunarchide Ibe- roneo Alorchide. — Per le piaghe di Cristo I — soggiunse alora il guascone — io non credo che si picciola augella debba bastare ad un desinare a quattro cosi gran baroni come voi m’avete