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336 PARTE TERZA NOVELLA XXXIV Il signor Girolamo de la Penna in PoIIonia chiede ostie per pigliar de le pillole e, per non 1* intendere, a tutti i modi vogliono communicarlo. Devete sapere, valorosa signora e voi altre graziose donne, che questi anni passati il signor Prospero Colonna, uomo per tutte quattro le parti del mondo per vertù, per arme, per liberalità ed infinite altre sue doti famosissimo, fece compagnia da Napoli fin nel regno di PoIIonia a madama la reina de la Pol- lonia, che fu figliuola del duca di Milano Giovan Galeazzo Sforza e de la signora Isabella di Ragona. Esso signor Prospero, come sempre ha di costume, condusse seco gran numero di gentiluomini e servidori, tra i quali io, suo creato, ci andai. Accompagnata che ebbe e al re presentata la reina, e fatte le nozze, le quali in vero furono de le più celebri e pompose che a’ nostri giorni si siano fatte, deliberò il magnanimo Colonnese di ritornarsene in Italia. Ed essendo già a l'ordine per far il viaggio, il signor Girolamo de la Penna perugino, cavaliero valoroso ed antico partegiano di casa Colonna, infermò gravemente; il che alquanto tardò la partita. Era altresì in PoIIonia l’illustrissimo e reverendissimo monsignor lo cardinale da Este, venuto anco egli con onorata corte per onorar le dette nozze; il quale, intendendo la infermità del cavaliero, l'andò a visitare. Era con lui il medico suo italiano, che a l’infermo fece di molti rimedi; di maniera che cominciò a prevalersi ed uscir di pericolo. Onde veggendo il signor Prospero che l’infermo prendeva gran me- glioramento, se ne venne verso Italia. Il signor Girolamo con i suoi servidori, provisto di quanto gli bisognava, rimase in casa d’un pollacco. Aveva il medico del cardinale lasciata certa pasta di pillole a l’infermo e commessogli che una fiata la settimana ne pigliasse una, d’un’ora innanzi cena. E cosi, secondo l'ordine lasciatogli dal medico, volendone prender una, disse ad uno dei suoi servidori che andasse per un’ostia, a ciò che più facilmente, coprendo la pillola con l’ostia, la potesse inghiottire. Avete da sapere che né l'infermo né alcuno dei suoi servidori »