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NOVELLA XIX 255 si nascose; e nel levar del sole vennero le donne di Paolina, ed aperto il tempio dal sacerdote, accompagnarono quella a casa. Ella disse al marito come tutta la notte era stata in braccio al dio Anubi. Mondo, a cui non pareva il silo piacere esser compito se Paolina l’inganno non sapeva, mosso da giovenile leggerezza, indi a pochi di incontrandola, le disse: — Paolina, voi non mi voleste del vostro amore a modo nessuno compiacere, e il dio Anubi m’ha fatto grazia che in vece sua io mi sono vosco tutta una notte preso amorosamente piacere. — E datole alcuni contrasegni, le narrò la cosa come era seguita. Di cosi vituperoso accidente fuor di modo Paolina turbata, con amarissime lagrime il tradimento al marito fece manifesto. Egli, tanto di mala voglia quanto mai fosse, andò a Tiberio imperadore e di Mondo e dei sacerdoti dimandò giustizia. L’imperadore, udita tanta sceleratezza e con tormenti cavata la verità e trovato che di simili adultèri molti se n’erano nel tempio per opera dei sacerdoti fatti, essi sacerdoti tutti e la donna serva di Mondo fece porre in croce e miseramente morire. Il tempio, sentina di vizi, fu sino ai fondamènti rovinato a terra e la statua di Iside gittata a bere nel Tevere. A Mondo s’ebbe più compassione: fu nondimeno a perpetuo esilio condannato. E ritornando al nostro principio del parlare, se ai tempi nostri fossero le persone religiose secondo i demeriti castigate, noi averemmo le cose de la religione più monde, immaculate e sante; e chi si dedicasse al cólto divino, lasciate tutte l’altre cure, attenderebbe a servire a Dio e pregarlo per la pace e quiete dei cristiani