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IL BANDELLO
al reverendo protonotario apostolico
messer
giacomo antiquario
Erano la settimana passata nel venerabile monistero di Nostra Donna de le grazie in Milano alcuni gentiluomini con voi, e sotto il lungo pergolato de l’orto con alcuni religiosi d’esso monistero tutti vi andavate onestamente diportando. Ed essendosi detto che una volta frate Michele da Carcano, avendo uno dei suoi frati ingravidata una giovane a Cremona e il popolo entrato in furia, montò in pergamo e fece una bella predicazione, e nel fine, rivolto al popolo, disse: — Cremonesi miei, io sempre v’ho stimati uomini sagaci e di perfetto e saldo giudicio, ma io mi trovo molto ingannato de la mia openione. E che miracolo è questo o cosa insolita, che un uomo ingravidi una donna? non vedete voi che tutto il di questa cosa avviene? e per simil cosa fate tanti romori? Miracolo sarebbe e cosa da far tumulto se la giovane avesse ingravidato il frate, — e con queste chiacchiere pacificò i cremonesi; — su questo si dissero cose assai de la dissoluta vita di molti religiosi e de la poca cura che vi si mette a corregger i loro pessimi costumi, cosí pei preti secolari come regolari od almeno che deverebbero esser regolari. Onde il nostro costumato e dotto messer Gian Giacomo Ghillino, modestissimamente di questa materia ragionando e dicendo che sarebbe ben fatto talora di far come fece a Roma Tiberio imperadore ai sacerdoti de la dea Iside, narrò l’istoria che a quei tempi avvenne ad una gentildonna romana. Ed avendola io secondo la narrazione sua scritta, di quella un picciolo dono ve ne faccio, non avendo io ora altro che donarvi. Ma se forse ad alcuno paresse disdicevole che a la gravitá degli studi, nei quali tutto ’l di