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220 PARTE TERZA l'infermo mostrata gli aveva. Ivi ritrovò uno scritto di banco si bene contrafatto che proprio pareva fatto nel banco degli Spinelli a Napoli, per Io quale i banchieri d’esso banco si obli- gavano a render seicento ducati d’oro in oro a chiunque gli porterebbe il detto scritto, mostrando che Bigolino gli avesse su il banco depositati. Come il vescovo vide lo scritto, facilmente credette che fosse vero e pensò che Bigolino gli avesse depositati in quel tempo che egli seco era stato a Napoli, convenendo la data de lo scritto con quel tempo; e tanto più teneva questo per vero che sapeva in quei di dal viceré e da' baroni esser state donate di molte cose a Bigolino, e che anco aveva avuti dei ducati per le piacevolezze sue che fatte aveva. Onde tra sé disse: — Veramente non è cosi pazzo Bigolino come è tenuto. Egli s’ha molto bene saputo governare. — Era il vescovo non solo de l’entrata del vescovado ma di molte altre rendite assai ricco, ma avaro troppo; onde si persuase che Bigolino gli avesse data la cedula a ciò che i danari gli restassero, e cosi serbò lo scritto. Quando fu ciascuno ito a dormire, Bigolino con l’aiuto de l’amico cenò a suo bell’agio e poi dormi sin passata mezza notte; nel qual tempo il compagno ebbe modo d'aver un bacile di sangue e tutto lo riversò dinanzi al letto di Bigolino, che già tutto il volto s’era insanguinato. Il compagno levò il romore come Bigolino moriva. Venne il cappellano, che gli cominciò a raccomandar l’anima come si fa a chi muore. Vennero anco degli altri. Bigolino faceva tutti quegli atti che si fanno nel morire, e ne l’ultimo se ne rimase come morto. Veg- gendo tutti l'abondanza del sangue, che da la bocca credevano che il cattivello avesse gittato, e la pallidezza che in viso dimostrava, tutti il tennero per morto. 11 buon suo compagno, fattosi recar de l’acqua, non volendo aita di persona, disse che lo voleva lavare. E restato seco solo in camera, gli lavò il viso e Io involtò in un lenzuolo, essendo sul far del di. Il vescovo, intendendo Bigolino essere morto, ebbe doglia d’averlo perduto e allegrezza d’aver guadagnati i seicento ducati. Venne il compagno di Bigolino e disse al vescovo: — Io ho, monsignore, lavato il mio povero amico, il quale è tutto disfatto per