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NOVELLA XLVII ■9 di vestimenta si cangiava, ritrovando tutto il di alcuna nuova foggia di ricami e di straffori ed altre invenzioni. Le sue berette di velluto ora una medaglia ed ora un’altra mostravano. Taccio le catene, le anella e le maniglie. Le sue cavalcature che per la città cavalcava, o mula o giannetto o turco o chinea che si fosse, erano più polite che le mosche. Quella bestia che quel giorno deveva cavalcare, oltra i fornimenti ricchi e tempestati d’oro battuto, era sempre da capo a piedi profumata, di maniera che l’odore de le composizioni di muschio, di zibetto, d’ambra e d’altri preziosi odori si faceva sentire per tutta la contrada. Soleva Romano profumiero publicamente dire che messer Simpliciano gli dava più guadagno in una settimana che non davano venti altri giovini nobili di Milano in tutto l’anno, levandone perciò sempre il signor Ambrogio Vesconte, il quale ne lo spender circa i profumi era prodigassimo. Era adunque il nostro Simpliciano il più polito ed il più profumato giovine di Milano, e teneva un poco anzi che no del portogallese, che ogni dieci passi, o fosse a piede o cavalcasse, si faceva da uno dei servidori nettar le scarpe, né poteva soiferire di vedersi a dosso un minimo peluzzo né altro. Si dava poi egli ad intendere che in Milano non fosse gentildonna né signora, che non si tenesse bene appagata che egli degnasse di far a l’amor con lei. E perché troppo più si stimava di quello che valeva, non aveva molta intrinsica pratica con altri gentiluomini, non gli parendo trovarne uno che la sua compagnia meritasse. Per questo quasi per l’ordinario si vedeva sempre solo, seco non avendo altra compagnia che alcuni suoi servidori. Aveva poi un certo suo parlare pieno di melensaggine e fastidio, parlando molto adagio e da se stesso ascoltandosi, di modo che nessuno o ben pochi seco praticavano. Ora andando ogni di per Milano, avvenne che una volta vide in porta una bellissima gentildonna, moglie d’un nostro gentiluomo molto ne la città stimato, si per la nobiltà e ricchezze, come che anco era uomo che valeva assai. Parve a Simpliciano di mai non aver vista la più bella né la più graziosa donna di lei, e cosi de l'amore di quella s’infiammò che, lasciato ogni altro pensiero da canto, tutto si