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212 PARTE TERZA gli troncarebbe lo stame vitale e d’uomo restarebbe uno spaventoso cadavere. Oh di quanto bene cotal pensamento sarebbe a tutte le sortì d’uomini cagione! Credete voi, se i grandi e quelli che cosi volentieri, disprezzate le divine ed umane leggi, straziano questi e quelli, pensassero di morire, che commettessero tanti errori come commettono e che bene spesso non raffrenassero i loro disordinati appetiti? Ché ancora che l’uomo fosse di quella reprobata setta che vuole che da l’anima nostra a quella degli animali irrazionali non sia differenza e che il fine de l’uno e de l’altro sia uno stesso, deverebbe nondimeno vivere politicamente e lasciar dopo sé buona fama. E se gli sgherri e quelli che di continovo stanno su le disconcie e malvagie opere si ricordassero de le croci, de le mannare, del fuoco e di tanti altri tormenti che le leggi hanno ordinato a’ malfattori, io porto ferma openione che cosi facili e presti non sarebbero a far tante sceleratezze come tutto il di fanno. Dal che nascerebbe che la vita umana sarebbe assai più tranquilla di quello che è, e ritorneria a’ nostri tempi la tanto lodata e da noi non veduta età de l’oro. Ma perché l’uomo pensa ad ogni altra cosa fuor che al suo fine e si crede sempre restai- di qua, avvengono tanti mali quanti ogni di veggiamo. Di questo ragionandosi qui in Milano nel palagio de l’illustrissimo e reverendissimo signor Federico Sanseverino cardinale di santa Chiesa questi di, quando egli si fece cavar fuor de la vesica una pietra di meravigliosa grossezza, un navarrese suo cameriero, che Enrico Nieto si chiama, narrò la crudelissima morte d’un re di Navarra, la quale mi parve di sorte mai più non udita. Ed invero io cosi fatto accidente non sentii già mai. E per questo subito lo scrissi e al numero de le mie novelle accumulai. Sovvenutomi poi che essendo io questi di in Pavia nel vostro museo, che è proprio l’oracolo non solamente di Lombardia ma di tutta Europa, e parlandosi di questo morire per l’improvisa e immatura morte del nostro eccellentissimo dottore messer Lancillotto Galiagola — giovine, se lungamente viveva, da esser senza dubio agguagliato a qual mai più eccellente iureconsulto sia stato, — che voi assai cose diceste de l’utile che apporta il pensare di dever