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206 PARTE TERZA più gli pareva a proposito. Il magnifico Mantegazzo alora, rivolto al maestro del sacro palazzo e preso di parlar licenza, narrò una istorietta a questo proposito che tutti ci fe’ ridere. Era io presente al suo parlare e, parendomi l’istoria degna di essere scritta, quella subito scrissi. Ed intervenendo ne l’istoria quasi per principale un bolognese, voi m’occorreste a cui meritamente ella da me dedicar si devesse, essendo voi nato in Bologna d’onorata ed antica famiglia e scrivendo tutto ’1 di gli annali de le cose dai bolognesi fatte, con tante altre vostre opere che componete. Questa adunque istoria vi mando e dono in testimonio de la nostra cambievole benevoglienza. State sano. NOVELLA XIV Bellissima invenzione a confutare l’indiscreta devozione ed affetto non sano d'alcuni ignoranti frati. Io vi vo’, padri miei venerandi, al proposito di che s’è parlato una breve istoria narrare, a ciò veggiate il male che fanno coloro che, lasciato il sacro vangelo, predicano sui pulpiti le fole, avendo il Salvator nostro detto ai suoi discepoli: —Andate e predicate il vangelo ad ogni creatura. — Essendo io assai giovine, predicava nel duomo di questa nostra città di Milano un frate minore marchiano, con tanto e si frequente concorso d’ogni sorte d’uomini e donne che era una cosa incredibile. Disse questo frate marchiano più volte in pergamo che san Francesco aveva ottenuto da Dio un gran privilegio, che era che tutti quelli che portavano il cordone cinto, in vita, quando poi morivano non andavano a lo inferno già mai, ma si bene secondo i peccati al purgatorio, dove esso san Francesco una volta l’anno discendeva e mandava giù il suo cordone, al quale tutte Fanime che in vita portato l’avevano s’attaccavano ed egli le conduceva in cielo. Si bene seppe egli questa sua favola adornare e colorire, che non ci fu persona che non si cingesse il cordone. Io, per non esser più savio degli altri, lo cominciai a portare. Nel fine de la quadragesima che il marchiano predicava,