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NOVELLA III die stranamente si misero a motteggiare lo sposo, avendo forse più voglia di giostrar con lui che di mangiare. Dopo che si fu desinato, ebbe la sposa modo d’aver un tagliente coltello, deliberata ne l’animo suo di far un malo scherzo al marito. Si cenò secondo il consueto, e dopo cena si fecero di molti balli e poi s’andò a dormire. Aveva la indiavolata sposa nascoso il coltello sotto il capezzale del letto da la sua banda. Essendo il marito con lei corcato, prima le disse molte buone parole per indurla a! suo volere: che stesse forte, che non le faria male nessuno, e simili altre ciancie, a le quali ella nulla rispondeva. Ma volendo poi piantare il piuolo, ella, preso il coltello, diede si fatta ferita in quelle parti al povero e sfortunato marito, che oltra che gli tagliò, quasi, via tutto il mescolo, gli fece anco una profonda piaga nel ventre, di modo che egli gridava quanto più poteva. Levati al romore quelli di casa ed entrati dentro la camera con candele accese, trovarono il meschino che, nel suo sangue involto, spasimato se ne moriva, di maniera tale che in meno d'un’ora mori. Il romore fu grande, e la sposa con un viso rigido altro non diceva se non che il marito la voleva ancidere. Fu da quei di casa tenuta sotto buona custodia e la matina messa in mano de la giustizia, la quale quella, udita la sua confessione, condannò ad esserle mózzo il capo. Il re Enrico ottavo, intesa la cosa come era seguita, rimise il giudizio a la reina e a le dame de la corte. Elle, fatti sovra ciò lunghi discorsi, mosse a pietà de la semplicità d’Isabetta, la assolsero, conoscendo per la morte di lei non poter tornar la vita a Tomaso; il che fu dal re approvato. Altri vogliono questo accidente esser avvenuto a Roano, città primaria di Normandia, e fu de la medesima sorte di questo che ora v'ho narrato. Ma dei nomi del marito e de la donna non mi sovviene. Medesimamente sono in differenza questi che dicono esser il caso occorso a Roano, perché altri lo narrano fatto sotto il re Francesco primo di questo nome, ed altri sotto il presente re Enrico secondo. Tutti però affermano il re dopo la condan- nagione del parlamento aver la sentenza commessa a le madame de la corte e la micidiale esser stata assolta. Pigliate mò qual voi volete, ché in libertà vostra è di prenderne una che più vi piaccia. 1 . IL BANDELLO. al molto gentile, vertuoso ed onorato monsignor GIOVANNI GLORI ERO tesonero di Francia Non fu mai dubio, monsignor mio onorato, appo gli uomini saggi che tutti i disordini che al mondo avvengano, dei quali tutto il di infiniti ve ne veggiamo accadere, non nascano perciò che l’uomo si lascia vincere e soggiogare da le passioni e dagli appetiti disordinati. Onde da l'utile e piacere, che indi cavarne spera, accecato, gettatasi dopo le spalle la ragione, che di tutte l’azioni nostre deveria esser la regola, segue sfrenatamente il senso. Chi non sa che amore è cosa buona e santa, cui senza non si terrebbe il mondo in piedi? Ma chi da lascivo e falso amore si lascia irretire e quello a sciolta briglia séguita, non s’è egli veduto questo tale bruttarsi le mani nel sangue del suo rivale, e dai serpentini morsi de la velenosa gelosia ammorbato incrudelire col ferro ne la vita de la povera donna amata? Chi anco da l’ira sottometter si lascia, spesse volte dal furore de la còlerà trasportato a spargere il sangue umano e tórre la fama a questi e a quelli, pare che goda e che usando crudeltà inusitata trionfi. Ora se io vorrò discorrer per