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IL BANDELLO

al serenissimo arciduca d’Austria

MASSIMIGLIANO RE DI BOEMIA


Sono molti di, re sacratissimo, che la chiara fama del vostro glorioso valore, non contenta dei termini de l’Europa, se ne va volando per l’altre due parti del mondo, ed ogni ora piú agumentandosi induce chiunque la sente ad esser desideroso di poter pascer gli occhi de la real presenza vostra, si come gli orecchi empie tuttavia di tante vostre eccellenti vertuti. Ma poi che il vostro divotissimo ed affezionatissimo servidore messer Filippo Baldo, gentiluomo milanese, m'ha piú e piú volte predicate e sommamente commendate tante vostre mirabili doti, tante grazie e la innata vostra umanitá e cortesia, che mai non soffre che da voi alcuno mal contento si parta, il mio desiderio in modo s’accese, che sempre ho oltra misura bramato che mi si prestasse occasione che de la vostra divina natura, che cosí chiaramente vi illustra, e di tante care e belle parti di quante abondate, potessi, quanto si conviene, ragionare. Mi dava io ad intendere che il mio dire, che da sé sempre è stato lieve e basso e poco ingegnoso, potesse grande, abondevole, alto e ricco divenire per la grandezza e maestá de le cose ammirabili che in questo vago fiore de la fanciullezza vostra perfettamente operate. E di questo intenso desiderio mio non sará giá mai ch’io mi penta, non possendo quello se non da animo generoso procedere, ancor che l’effetto assai sovente non segua uguale a la voglia, perciò che, come dice uno dei latini poeti, ne le cose grandi l’aver voluto è assai. E cosí intraviene a me, ché, come io ho presa