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gô PARTE SECONDA piegata ad amarmi ed in quel laberinto entrata ove io prima chiuso acerba ed amarissima vita viveva, tanto più mi par strano quanto che a la tua passata vita volgo la mente. Ma se m’ami come ricerca la nuova amicizia che io col signor tuo consorte ho contratta, questo m’è caro e te ne ringrazio, e t’essorto in questo a perseverare, perciò che amando lui, come amo, da onorato fratello, amerò te da vera sorella, e sempre in tutte quelle cose che l’amicizia nostra ricerca mi troverai a' servigi tuoi prontissimo. Ora se altro pensiero in petto hai e desideri che io ritorni al giogo antico, e che sarai eternamente mia e farai quanto io vorrò, depuon questo sensuale e disordinato appetito e persevera nel tuo casto proponimento, come fin qui mi persuado che sia stata tutta la tua vita. Che cessi Iddio che mai io pensi fare ingiuria al signor tuo marito, amandomi egli, come da te mi vien detto, da fratello. Poi quando altro rispetto unqua non ci fosse, evvi che io la mia fede a nobilissima e non meno di te bella donna ho data, la quale a par e più degli occhi suoi mi ama, ed io lei come il cor del corpo mio amo, riverisco ed onoro, e viviamo tutti dui sempre d’un medesimo volere essendo. Si che per l’avvenire mi terrai come se tuo fratello fussi. — Qui si tacque il marchese, e veggendo che la donna s’apparecchiava con nuovi preghi più focosi de’ primi a ripregarlo, per troncar questa pratica disse: — Signora Lionora, a te mi raccomando. Sta' con Dio. — E con questo si parti e lasciò la donna tanto confusa e di mala voglia, che ella restò buona pezza stordita e non sapeva ove si fosse. In sé poi ritornata e tutta afflitta, a casa se n’andò, ove pensando a la risposta del marchese e veggendo che egli non era disposto a far cosa che ella volesse, venne in tanta malinconia che di sdegno e di cordoglio infermò. Sapete esser commune openione che a le donne non può avvenir cosa che loro apporti maggior tormento né che più le trafigga, quanto è che si veggino disprezzare. Pensate mò come si deveva trovar costei, che era da tutti tenuta la più altiera, superba e sdegnosa donna che in Napoli si trovasse. Messasi adunque nel letto, non faceva tutto il di altro che sospirar e piangere. Da un canto talor pareva a lei che ella