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7° PARTE SECONDA l’adultero? Perdonando a lo adultero, conviene che l’adulterio resti senza il debito castigo e che piaccia; e se l'adulterio a me piacesse, chi dubitarebbe che l’adultero insiememente non mi fosse caro? Se adunque l’adultero mi fosse grato, come sarei io quella Lucrezia già da tutta Roma tanto onesta riputata? Perciò lasciate che io punisca il commesso fallo, a ciò che tutti chiaramente veggiano che io non la morte che il crudel tiranno minacciava darmi ho temuto, ma ebbi paura de la infamia che egli diceva di farmi, mettendomi nel letto a lato un morto servo. Quello che io con altrui testimonio provar non posso e che non conviene che con le mie sole parole testifichi, col mio sangue farò certo, ed apertamente dimostrerò non qual si sia morte essermi stata di spavento cagione, ma solo aver temuto la privazione de l’onore, cui senza né donna né uomo deverebbe restar in vita, perciò che perduto che è l’onore, nulla di buono a la persona resta. Vanne ornai, animo mio incorrotto ed immaculato, e innanzi al tribunale di Minos e Radamanto a l’innocenzia tua e al mio buon proposito rendi il debito e vero testimonio, ché io di qua farò quanto a me appartiene. Innanzi a quei tremendi e giusti giudici tu, animo mio, Sesto Tarquinio de la mia pudicizia truculentissimo violatore animosamente accuserai. E voi che qui ho fatti adunare, se nei petti vostri regna punto di spirito romano, tanta sceleraggine non lasciate impunita, e sperate che i dèi immortali la vostra giusta querela contra i superbissimi e sceleratissimi tiranni favoriranno. — Dette queste parole, con un tagliente ed acutissimo coltello, che sotto la veste celato aveva, il casto petto ella sotto la sinistra mamma si percosse ed il core feri, e sovra la piaga, cadendo ai piedi de li suoi, subito passò a l’altra vita. II padre ed il marito di lei cominciarono amaramente a piangere. Bruto alora pigliato in mano il sanguinolente coltello — Per questo — disse — innanzi e da poi la tarquiniana ingiuria e regai violenza castissimo sangue, io giuro e tutti voi, dèi, testimoni a questo chiamo, che da me Luzio Tarquinio con la scelerata moglie e con i superbi e disonesti figliuoli saranno, per quanto io potrò, di Roma cacciati, e ovunque anderanno, con ferro, fuoco e sangue crudelmente ed