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NOVELLA XXI 59 gli altri signori e gentiluomini, tutti tre i figliuoli del re. Quivi, come si suole, di varie cose ragionando, cominciò ciascuno di loro la sua moglie a lodare, quelle lodi dandole che a compita madrona convengono, volendo ciascuno che la sua fosse la più bella, la più gentile, la più costumata e quella che più onoratamente la casa e le cose famigliari governasse. E non volendo l’uno a l’altro cedere e moltiplicando sovra questa questione in parole, con voglia ciascuno di vincere, mentre che tutti erano nel dire riscaldati, Collatino marito di Lucrezia, accennando che tacessero, cosi disse: — Il questionare, signori miei, con parole potrebbe di leggero tanto distendersi, travaricando d’uno in altro ragionamento, che mai a fine non se ne verrebbe. Voi direste, questi diria, io direi, e a la fine non montarebbe nulla. Ma poi che voi v’ostinate e volete sostenere che le mogli vostre sono le più belle, le più oneste e le più avvedute di Roma, ed io affermo che la mia tutte l’altre di bellezza e d'onesta, d’avedimento e d’ogni altra donnesca dote di gran lunga sormonta, e che ella è la più discreta che sia e la più compita di tutte quelle parti che al governo d’una casa appartengono, perché stiamo noi a badare e consumar il tempo con ciancie? A ciò che manifestamente si veggia chi di noi dice il vero, facciamo come io vi dirò, e lasciando il contrastare vegniamo a’ fatti. Noi siamo giovini e per la grazia dei dèi tali che senza periglio potiamo ogni gran fatica sofferire: ché non montiamo noi a cavallo e a 1'improviso andiamo a veder le nostre donne e far gli occhi nostri giudici di quello che disputiamo? Elle non son troppo lungi e di questa nostra controversia alcuna cosa non sanno. Noi l’accoglieremo a 1’improviso, e si ve- derà ciò che elle sono e ciò che sanno fare, di modo che la bellezza e i costumi loro insiememente senza fuco di simulazione si conosceranno. Alora vederete quanto la mia Lucrezia le vostre avanzi. — A questo tutti s’accordarono, e senza voler persona di compagnia tutti quattro, a cavallo montati, si partirono dal campo e verso Roma a la gagliarda cavalcarono. Giunsero a Roma ne l’imbrunir de la notte, ove Tito, Aronte e Sesto Tar- quini le proprie mogli videro insieme con altre donne loro