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NOVELLA XLIV 467 non fosse oso parlarle più mai. Ma il pover’uomo, che troppo era stimolato dal fuoco amoroso, ritornò pure un’altra volta a molestarla, più strettamente che prima supplicandola che di lui volesse aver compassione. Ella olirà modo sdegnata, di tanta temerità agramente e con minacciosa voce ripigliandolo, disse: — Conte, io v'ho perdonata la prima, ed ancor che noi meritate, vi perdono questa seconda vostra sciocca e temeraria presunzione. Guardate non tornarci più e non siate mai tanto ardito di parlarmi di simil sceleratezza, perché io vi farò far un scherzo che non vi piacerà. Attendete a far l’ufficio che il signor mio consorte v’ha commesso e non incappate più in tanto errore, per quanto la vita avete cara. — Conobbe il conte l’animo pudico ed inespugnabile de la duchessa e giudicò che indarno s’affaticava. Dubitando poi che la duchessa non desse di questa sua pazzìa--avviso al duca, deliberò prender un tratto avantaggio e rovinar essa duchessa, e il suo fervente amore cangiò in un tratto in odio crudelissimo. E cadutogli in animo ciò che di far s’imaginava, pensò vituperosamente poterla far morire; e in atti e in parole mostrandosi in tutto alieno da quel suo amore, attendeva al governo come era ufficio suo. Prese poi più de l'usato domestichezza familiare e quasi da compagno col nipote di cui vi parlai, e d’altro seco non ragionava che di cose amorose; e tra l’altre un giorno gli disse che non era piacer al mondo uguale al grandissimo diletto che sentiva un giovine che di bella e gran donna si trovasse innamorato, massimamente quando l’amore si trovava reciproco. Ed avendo adescato il giovine a questi ragionamenti, non dopo molto in segreto gli disse: — Nipote mìo, a me come figliuolo mio proprio carissimo, metti ben mente a quanto ora ti dico, perché se sarai savio e attenderai ai miei consegli, io ti prometto che tu averai il meglior tempo che uomo di questo paese. — 11 giovinetto, che teneva lo zio in luogo di padre, gli rispose che era presto ad ubidirgli e far quanto egli degnasse di comandargli. Alora il ribaldo conte gli disse: — lo mi sono accorto, figliuol mio carissimo, che la duchessa nostra ti vuol un gran bene e t’ama fuor d’ogni misura. Io conosco chiaramente che si va