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NOVELLA XLI 429 la giovane e inteso dal marito e dal comito l'occorso caso, e come era stata seppellita e tratta fuor de l’avello, poco mancò che tra la paura e l’allegrezza non ¡svenisse un’altra volta. Ora c]-j pensasse o credesse poter narrar l’allegrezza ed il contento dei dui amanti sarebbe in grande erróre, perché in effetto la millesima parte de la lor compiuta gioia non si potrebbe esprimere. Essendo adunque in sé ritornata, fu cibata con ova fresche, pistacchi, confetti e preziosissima malvagia. E già approssimandosi l’aurora, fu Elena da tutti pregata che riposasse e con soave sonno si ristorasse alquanto. Corcatasi adunque per dormire, non avendo né quella e meno la passata notte dormito, di leggero s’addormentò. Era già il nuovo giorno venuto; il perché lasciata Elena riposare, Gerardo rimandò il comito a la galera ed egli presa una gondola a casa del padre se n’andò, il quale, già essendo levato, con festa grandissima abbracciò il figliuolo. Quivi il lieto ed avventuroso Gerardo brevemente informò il padre di tutto il suo felice viaggio e come in vender la merca- danzia colà portata aveva grossamente guadagnato, e non meno fatto di profitto in quella che recata aveva; di che il padre si trovò intieramente sodisfatto e mille volte benedisse il suo figliuolo. Desinò quella matina Gerardo in casa con il padre e madre in grandissima allegrezza. Dopo desinare attese un pezzo ¡1 far entrare la sua galera in Vinegia e far quanto era necessario. Andò poi col comito a veder la sua Elena, con la quale gioiosamente cenò e la notte dormi. La matina poi insieme con il fedelissimo comito si consegliò di ciò che fosse a far circa il governo d’Elena. E dopo molte cose, conchiuse Gerardo che con assai più comodità e più onore, fin che si palesasse il matrimonio, ella starebbe con Lionardo suo cognato, onde il giorno seguente andò Gerardo a desinar con lui e con la sorella. Dopo desinare gli pregò che si riducessero in camera, perché aveva loro da parlar di segreto. Entrati tutti tre in camera, in questo modo Gerardo a parlar cominciò: — Magnifico cognato e tu carissima sirocchia, la cagione perché io v’abbia qui ridutti è cosa che a me importa grandissimamente ed ha bisogno di segretezza e di aita. E perché so quanto m’amate e che ad ottener un