Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
NOVELLA XVII 39 se erano saporite, si riscaldò molto forte. E dato de l’occhio ai fiaschi de la vernaccia ed ai meloni, ne tagliò uno ch’era bono e ne mangiò la sua parte; e scordatasi de la promessa fatta al marito, pose mano ad un fiasco e levatolo e messolo a la bocca cominciò molto bene a bere. E si andò la bisogna, che dopo il melone mangiò del cervellato, e paratole buono ne mangiò pur assai, di modo che vinta dal caldo de la stagione ed arsa dal calor del fuoco ed incitata dal salato che tuttavia mangiava, prima che si lasciasse uscir il buon fiasco di mano, inghiotti tutta la vernaccia. E già essendo mezza cotta, ritornò a torno al fuoco a far non so che, di modo che la vernaccia cosi le occupò il cervello e levò le sue fumosità che ella, più imbriaca eh’una sponga quando è stata longo tempo ne l’acqua, si corcò suso una panca a dormire. Il marito d’una pezza innanzi che menasse il compare a casa, ce ne venne per veder come le cose erano concie. Cosi tosto come egli fu in casa, trovò la moglie che suso la panca dormiva come una marmotta, e disse: — Che ora è cotesta di dormire? — La buona donna che faceva i servigi per casa gli rispose dicendo: — Messere, voi séte venuto a tempo, perché io non so che'mi fare e madonna s’è addormentata. — E che cosa ha fatto questa sciagurata? — disse il marito. — Ella ha — soggiunse la donna — tanto mangiato del melone e del cervellato e bevuto uno di quei fiaschi, che io penso che sia andata in gloria. Che Dio le perdoni. — Il marito entrato in coléÀ ed accostatosi a la buona moglie le disse: — Leva su, rea femina, leva. — Ma questo niente faceva, perché ella punto non sentiva né si moveva, del che egli fortemente turbato, due e tre volte la sospinse. Onde la donna cadde giù da la panca in terra, ed aperse un poco gli occhi e subito gli chiuse, borbottando alcune mezze parole, e ritornò di nuovo a dormire. Onde il marito fuor di misura turbato disse: — Io so che questa imbriaca fastidiosa ha legato il suo asino a buona caviglia. — Né altro rimedio veggendovi, con l’aita de la buona donna e d’un garzone che talora faceva alcun servigio per casa, levatola di peso, in un luogo quivi vicino, dove era l’arca de la farina, la portarono e ne l’arca la misero. Chiavò il bresciano