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IL BANDELLO
al molto illustre e valoroso signore
il signor conte
guido rangone
del re cristianissimo luogotenente generale in Italia
e cavaliero de l’ordine di san Michele
La crudeltá piú che barbara e ferina che questi giorni ne la presa di Carraglio usò Francesco Monsignore dei marchesi di Saluzzo, fu tale e tanta quale e quanta non fu forse tra soldati cristiani usata giá mai. Che se nel combattere in compagnia od in espugnar una terra o fortezza che si sia, in quel furore de l’entrar dentro ciascuno che incontrato viene, si svena ed è senza rispetto veruno morto, questo par che sia usanza generale de la milizia. Ma cessato quel furore del menar le mani, chi è sí fiero nemico che incrudelisca nei corpi morti o che quelli seppellire divieti? Per l’ordinario anco a chi per prigione si rende, suole la vita esser donata ed al reso è lecito con danari ricuperar la sua prigionia. E questo fin qui in queste guerre s’è di continuo osservato cosi dai nostri regi come dai cesarei. Ora, che che ne sia stato cagione, Francesco Monsignore il tutto ha pervertito, e guerreggiato di maniera che se a la futura posteritá sará narrata, non troverá fede d’essere creduta, tanto parrá lor strana e crudele. Era in Carraglio il capitano Zagaglia ariminese, il quale prima a le mura si diportò molto valorosamente ed uccise molti dei nemici di sua mano. Veggendo lo sforzo e numero grande degli imperiali, di cui era capo Francesco Monsignore, si ritirò a la piazza sempre combattendo; e non solamente aveva da combattere con i nemici, ma con gli uomini ancora de la terra, perciò che i carragliesi, oltra l’aver introdutti i nemici dentro, tutti con mano armata