Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, III.djvu/396

NOVELLA XL 393 ho saputo pigliare, cioè che non prestassero fede a le lusinghevoli parole di questi giovini che fingono l’innamorato, e tante ne ingannano quante aver ne ponilo. Ed io ne posso render verissimo testimonio. — Non accade — disse Camillo — a entrar in questi ragionamenti. Oramai mi pare che debbia esser tempo che io, compiacendo al debito de l’onor mio e ai miei parenti, attenda ad altro che a queste favole. Tu conosci bene e sai che tu non puoi maritarti meco e divenir mia moglie, e che una volta era necessario che a questo passo si venisse, lo già non ti lascio perché io creda che in te sia colpa di mancamento nessuno. Quello che faccio, facciolo per mettermi a vivere d’un’altra sorte, differente da quella che finora vivuto sono, ché oggimai non sono più un giovinetto di prima barba, e la vita che fin qui ho fatta conosco troppo bene di quanto biasimo mi sia stata cagione e so le riprensioni che molte volte da amici e parenti ne ho avute. Si che per l’avvenire tu mi averai in luogo di fratello ed io te in luogo di sorella amerò. La figliuola farò, come fin qui ho fatto, per mia nodrire, e vedrò di far ritrovar un’altra balia, perché non vo’ che questa ubriaca più me la nodrisca. Tu dipoi potrai, quando ti parrà, trovarti una persona che ti piaccia, ché non ti mancheranno giovini belli, ricchi, cortesi e galanti, con i quali potrai darti il meglior tempo del mondo e star di continovo in piacere. Per questo tu non mi sarai men cara, perciò che se io voglio per l’avvenire viver a mio modo e far ciò che più a grado mi sia, ragionevole e giusto è che tu faccia ciò che a te più piace. E con questo ti conchiudo l’ultima e determinata mia deliberazione e ferma volontà. — Questo sentendo Cinzia, dopo l’aver del profondo de le radici del core gittato uno grandissimo sospiro, tutta si scosse e altamente disse: — Poi che Camillo per sua, in quella guisa che per a dietro stata sono e che io vorrei ed infinitamente desidero, più non mi vuole, io con quel mezzo che più agevolmente posso e che ni’ è concesso, non potendo altro fare, a lui e anco a me e a tutto il resto del mondo mi toglio, m’involo e mi rubo, ché assai meglio m'è morire una volta che mille l’ora perire. Ecco l’ultimo atto de la vita mia. — Non ebb’ella a pena finite queste ultime parole