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NOVELLA XL 391 de la malignità de la balia e conoscer Giulio per quel gentiluomo clic sempre l’ho tenuto, come più volte dissi a Delio alora che la balia si disdisse de le menzogne da lei dette. Quanto poi appartiene al caso tud, io ti vo’ aver.sempre per raccomandata e in quanto potrò nei tuoi bisogni aiutarti. E facendone tu la prova, troverai che gli effetti saranno a le parole conformi. — Cinzia alora con pietosa voce soggiunse: — Adunque, oimè ! io senza colpa mia debbo perder quella cosa che più amo in questo mondo? io ti perderò, Camillo signor mio? ahi sventurata me! oimè più infelice d’ogni altra infelice ! Che fia di questa travagliata e misera vita, se già più bramo il morire per molto maggior rimedio e minor pena anzi conforto dei miei mali, che il vivere, poi che colui che io amo più de la luce degli occhi miei e vie più d’ogni creata cosa, mi sprezza e senza mia colpa m’abbandona? Chi darà, lassa me! a questi miei occhi si larga vena d’amare lagrime, a ciò che prestamente consumino questo deboi ed infermo corpo, recettacolo ed albergo d’ogni miseria e calamità, poi che colui dal quale la vita mia dipende leva da me le mani de la sua pietà e vuole che senza vita io viva? Ma certamente senza vita non si vive. Ora che dico io? a cui porgo le vane mie preghiere? a cui indirizzo queste dolenti voci, se profitto alcuno recar non mi denno? Io veggio bene che aro il mare e spargo il seme su l’arena. Sia con Dio. Qui ti bisogna, Cinzia, esser costante e non ti smover punto dal saldo proponimento che fatto hai. Egli mostrar ti conviene se tu ami o non. — In questo rasciugati gli occhi, si voltò di nuovo a Camillo e gli parlò in questa guisa: — Orsù, piacciati almeno, poi che deliberato sei di non voler esser mio di quel modo che io vorrei esser tua, non abbandonar la nostra povera figliuola, la quale, se tu pur vuoi o non vuoi, è tanto tua quanto mia, e tu sei cosi il padre com’io l’ho partorita, che pur sai che partorita 1’ ho. Medesimamente io ti raccomando quegli sfortunati e poveri vecchi, mio padre e mia madre, dico, che tanto ti sono stati fedeli, amorevoli e continovi servidori, e di core ti prego, se mai ti fu per lo passato cara e dolce la mia pratica, che pure mostravi d’amarmi ed avermi cara, e mille effetti di questo me n’hanno fatto fede, che tu voglia per