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IL BANDELLO
al signor
lelio filomarino
colonnello del re cristianissimo
Io ho molte fiate notato — ché di rado avviene che cosí non sia — che la maggior parte degli uomini i quali anzi che no hanno un poco de lo scemo, ma si tengono esser avveduti e cre- deno che non ci sia persona che ingannar gli possa, che questi sono quelli che ogni di incappano in mille errori e fanno i piú strabocchevoli falli del mondo. Tutto quello poi che fanno par loro il meglio che far si possa. E se talora alcuno gli ammonisce e si sforza fargli capaci quanto eglino s’ingannino, non la vogliono intendere e si beffano di chi i lor misfatti ripiglia, dando sempre l’ordinaria risposta degli sciocchi, che ben sanno ciò che si fanno e che non temeno esser ingannati, di modo che ne l’errore, che essi avviluppati sono, non vogliono vedere. Quando poi parlano, si ascoltano, e se l’uomo de le sciocchezze che dicono, ché pur assai ne dicono, si ride, pensano molto spesso cotal risa venire perché abbiano alcuna bella e notabil cosa narrata e se ne tengono assai da piú. E quanto meno sanno parlar e discorrer dei maneggi del mondo, piú si metteno a parlare e non lasciano mai che il compagno finisca una ragione, ché sempre lo interrompeno. Se per sorte poi tu non lodi ciò che dicono, ti biasimano e ti chiamano uomo senza ingegno. Di questi tali non è molto che ne l’alloggiamento del conte di Pontremoli si ragionava, poco dopoi che l'essercito del re cristianissimo sotto la cura ed imperio del signor conte Guido Rangone, luogotenente generale d’esso re, parti da la Mirandola passando per mezzo Lombardia a la volta di Genova; passato e ripassato l'Apennino, attraversò il Monferrato ed in Carignano si fermò, che voi col vostro colonnello avevate da le mani degli imperiali levato. Ragionandosi adunque di costoro che nulla sanno