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NOVELLA XVI 33 a persona. — Cominciò il debitore a scusarsi, dicendo che non era possibile che cosi tosto potesse trovar tanta somma di danari, e domandava che il termine a lui si prolungasse tre o quattro mesi, e che daria idonea cauzione di pagare. — No, no — disse il duca; — tu hai avuto tempo assai, e a farti il debito tuo, meritaresti che gli interessi ti fossero fatti pagare. E certo Andrea Marsupini si diporta troppo civilmente teco, e non mi par onesto che tu più lo meni d’oggi in domane. — Stringevasi ne le spalle il debitore e ripregava il duca che almeno d’un mese gli facesse termine, non sapendo per alora dove dar del capo. — Per questo non resterà — rispose il duca; — io te gli presterò e dal mio tesoriero te gli farò dare, con questo che in termine d’un mese e mezzo tu gli paghi poi al tesoriero. E guarda non fallire. — Promise il giovine pagargli al tempo ordinato, onde il duca, fatto chiamare un zio del fanciullo, gli fece sborsare dal tesoriero tutta la somma de la quale il giovine era debitore, a ciò che fidatamente al suo parente la facesse avere; il che fu messo in essecuzione. Questo atto divolgato per Firenze, accrebbe mirabilmente la riputazione d’esso duca e fu cagione di rappacificare gli animi di molti che forse non si contentavano di quel nuovo dominio, veggendo nel prencipe loro tanta giustizia col cui mezzo speravano di giorno in giorno andar di bene in meglio. E nel vero tra l'al tre lodevoli e necessarie parti che ogni prencipe deve avere, io credo che la giustizia sia una de le prime. M. Bandki.lo, Novell