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352 PARTE SECONDA di te, perché ti tratterei di maniera che mai non vorresti essermi venuto a le mani. Va’ con la benedizione di messer Domene- dio e mia, e non peccar più. — Già aveva prete Elia fatto dar congedo a la concubina fuora de la casa, facendole intendere che più dinanzi non gli andasse. Andò dunque a casa e cominciò a cambiar vita e costumi, vivendo da buon sacerdote e mostrando che di core era pentito. La concubina, che voleva tornar a vivere a l’ombra del campanile, tentò per molte vie di tirar il prete al primo zambello, ma non vi fu ordine già mai. Onde poi che la misera vide che indarno s’affaticava e che il prete più non voleva sua pratica, o che ella fosse di lui innamorata o che che se ne fosse cagione, si disperò e deliberò non voler più vivere. Era un giorno andato prete Elia a portare il preziosissimo e sagratissimo corpo del nostro Salvatore messer Giesu Cristo a un paesano assai lungi da la parrocchial chiesa, il quale era in termine di morte. Il che sentendo la disperata femina, se n’andò a la casa del'prete, e come quella che v’era dimorata circa dicenove anni e sapeva tutti i luoghi, entrò dentro ed aperta la camera con suoi ingegni, ad un trave di quella con la fune del pozzo per la gola s'appiccò e si ruppe l’osso del collo. Tornò il prete e, volendo con alquanti entrar in camera, vide il misero spettacolo. Vi concorsero molti ed il romore fu grande, e la trista, come meritava, fu tratta ne la sepoltura degli asini. Io v'andai mandato dal vescovo, e la vidi appiccata, e ci furono di quelli che testificarono che, andando il prete con il Corpus Domini, videro la sciagurata andar in fretta verso quella casa.