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NOVELLA XXXVII 325 si sforzava rivocarle gli smarriti spiriti. Chiamate poi le sue donne, ci fece recar panni caldi ed acqua da spruzzar il viso a la madre, !a quale dopo buona pezza, ansando, in sé rivenne e disse: — Oimè, ove son '0? — Aelips basciandola e tuttavia confortandola le faceva tutti quei vezzi e carezze che poteva e sapeva. Venne in questo un altro ¡svenimento a la contessa, con una passion di core e con si fiero accidente, che in lei di nuovo si spense ogni segno di vita, di maniera che bisognò che un’altra fiata se le usassero degli altri argumenti a farla ritornar in sé: il che non stette guari che avvenne. A questi si pietosi accidenti non puoté Aelips tanto fare che a mal suo grado le viscere per la materna pietà tutte non se le commovessero, e quella sua adamantina durezza in parte non divenisse molle ed il suo duro rigore alquanto non rallentasse. QueU’animo invitto e quella sua si ferma voglia, da tanti altri assalti ed impedimenti indarno combattuta, a cosi pietoso caso de la madre regger non puoté, ma vinta da interna compassione, Aelips fece pensiero di levar i suoi fuor di travaglio. Il perché essendo già la contessa assai bene in sé rivenuta e pur piangendo e sospirando, poi che di camera uscirono le serventi, Aelips in questo modo a la madre parlò: — Rasciugate le lagrime, madre mia, e più non v'affliggete, ma fate buon animo e confortatevi, ché io son disposta e presta a far ciò che voi volete. Cessi Iddio che mai si dica che io sia cagione a’ miei di cotanta pena quanta voi mostrate di sofferire. Io non vo’ che mio padre e i miei fratelli per me si pongano a rischio di danno alcuno, perciò che debbo con ogni mio sforzo procurar il beneficio loro e morir io a ciò che essi vivano. Ecco che io son presta d’andar con voi a ritrovar il re, a ciò che noi due senza altrui mezzo facciamo i fatti nostri, ché meglio di ciascuno altro gli faremo. Ora via, non si perda tempo né più si pianga, ma diamo principio ad espedire ciò che è da fare. — La madre questa non aspettata né sperata risposta udendo, fu di tanta gioia piena che quasi creder non poteva d’aver le parole udite. E secondo che poco innanzi l’acerbità del dolore l’aveva di sé fuori levata, quasi che 1'¡stesso fu per far la soverchia gioia; onde levate amendue le mani al cielo, di buon core