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324 PARTE SECONDA Francia appresso, con eterno nostro vituperio Io saperà, e di cosa che il re si faccia, non ti averà né obligo né grado, anzi con il disonore e le beffe ce ne restaremo. Si che, figliuola mia, 10 ti prego che tu non voglia venire a questi passi. Pensa un poco come qui per casa siamo de la famiglia rimase streme, poi che tuo padre e tuoi fratelli quindi partirono, perciò che ognuno teme il furore del re. Non vedi che per tua cagione io quasi vedova restata sono? Tuo padre e tuoi fratelli sono iti fuori di Londra per non vedersi tanto scorno su gli occhi, come presaghi che qualche grande scandalo debbia avvenire. Il che certissimamente con vituperio e danno di tutti noi avverrà, se tu altro non fai di ciò che fin qui hai fatto. Quanto era meglio per noi che il primo di che in vita ti pose fosse anco stato l'ultimo, o vero che io di parto fossi morta per non vedermi a questa ora in tanti travagli! Deh, perché quando il conte di Salberi, uscito di prigione, mori, non fosti tu quella che in vece sua morisse ! Io prego il nostro signor Iddio che di tanti affanni e travagli mi cavi, poi che tu disposta sei di perseverare in tanta durezza, e de la rovina di tutto il sangue tuo punto non ti cale. Non credi tu che io m’avveggia che tu brami la morte mia, figliuola crudele ed ingrata e molto poco cortese ed amorevole verso i tuoi parenti? E certamente io adesso morirei più che volentieri, conoscendo che minor pena mi saria morire che restar in questi penaci cordogli, i quali di continovo sento che 11 core con fierissime punture mi trafiggono. — Né più puoté l’afflitta contessa dire, perciò che un fiero svenimento Tassali e con tal estrema doglia le serrò il core e si Toppresse, che più morta che viva rassembrando cadette in grembo d’Aelips. Pareva la contessa in tutto passata a l’altra vita, si era in viso pallida, fredda in ogni parte del corpo e senza movimento alcuno, di modo che le fere e i duri marmi averebbe a pietà commossi non che la figliuola. La quale come la vide da cosi strano e fiero accidente accorata, quella o morta o vicina a la morte giudicò, onde non puoté le lagrime contenere. Cosi amaramente piangendo e le vestimenta alquanto a l’afflitta madre allentando, quella pietosamente chiamava, e stropicciandole le carni e dimenandola