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NOVELLA XXXVII 3°3 pose in inano, e tutto da la bocca d'esso conte, con timido e palpitante core la risposta attendendo, pendente se ne stava. Il conte, intesa l'incivile e disonesta domanda del suo signore, tutto in viso arrossito, la carta gettò sovra il letto. Poi d’affanno, di meraviglia, di stupore ed anco d’onesto sdegno pieno, non sapendo a parlare snodar la lingua, a la fine in sé fermatosi, a l’aspettante ed appassionato re in cotal guisa rispose: — Male, o sire, nel termine in cui ora mi truovo, so io che dire, veggen- domi a dui strettissimi e perigliosi passi ridutto, ché pensando a far qualunque de l’una de le due cose che per l’animo mi vanno, non mi può essere se non di grandissimo periglio cagione. Legato a voi mi sono per vinculo de la mia fede, non esser cosa al mondo, quantunque dura e diffidi sia, che io per vostro servigio e per salvezza vostra non faccia; il che mi sono risoluto e intendo di fare, perciò che prima vorrei morire che de la mia parola mancar già mai. Io a mia figliuola quanto richiesto m’avete tanto discoprirò, con quelle maniere che da voi ho inteso. Ben vi ricordo che pregar ne la posso, ma non sforzarla: basta che per bocca mia ella intenderà tutto l’animo vostro. Ma entrando in un altro ragionamento, vi dico che non poco di voi mi meraviglio e mi doglio. Siami lecito, signor mio, liberamente più tosto con voi sfogar l’aspro mio cordoglio che con altri aver cagione di querelarmi. Dogliomi senza fine che voi nel sangue mio, che in ogni impresa a vostro servigio, onore e beneficio mai non fu di sé scarso, abbiate pensato tal villania commettere, ove da voi me- ritevol ed onesto guiderdone si deveva attendere. Ditemi: è questo quel premio che io e i miei figliuoli de la nostra servitù aspettar debbiamo? Almeno se del vostro dar non ci volete, se farci più grandi non vi piace, non ricercate di pigliarne l'onore ed in sempiterno vituperarci. E che devevamo noi peggio da un capitalissimo nostro nemico aspettare? Voi, sire, voi a mia figliuola l’onore, a me ogni contentezza ed ai miei figliuoli l'ardire di lasciarsi in publico vedere in un tratto rubate, e a tutta casa mia ogni sua gloria levar volete? voi tanto disonesta macchia ne la limpidezza e chiarezza del mio sangue di porre v'apparecchiate? voi cosi grand’errore di commetter vi deliberate, e