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298 PARTE SECONDA nodrito ed in corte in buona stima lungo tempo dimorato e spesso posto ad essequir onorate imprese, de le quali sempre con buona fama riuscito era, onde generalmente in tutta l'isola ciascuno l’amava e riveriva. Deliberatosi adunque il re di parlargli e raccontargli i casi suoi e chiedergli aita, gli mandò dicendo che seco aveva da conferir cose di credenza. Il conte, udita l’ambasciata, subito al re ne venne, il quale tutto solo in un camerino segreto l’attendeva. Quivi giunto e per commissione del re l’uscio fermato e primieramente fattogli la debita riverenza, stava aspettando ciò che il re comandar gli volesse. Egli, che sovra un lettucciuolo da campo se ne stava assiso, volle che il conte parimente sovra il medesimo lettuccio sedesse, e ben che egli per riverenza noi consentisse, a la fine pure per co- mandamento del re che cosi volle vi s’assise. Stette alquanto il re senza dir motto alcuno, e poi dopo molti sospiri che interrotti mandava fuori, con gli occhi di lagrime pregni, cosi a parlar incominciò: — Io qui, conte mio, ora v’ho fatto venire a cagione d’un mio importantissimo bisogno, che a me non meno importa che la vita propria. Né so se mai in caso alcuno fortu- nevole che avvenuto mi sia, che pur molti avvenuti mi sono e perigliosi assai, io mi ritrovassi in tanto fastidio e tanto noioso affanno in quanto ora mi ritrovo, che da le mie passioni cosi combattuto e vinto mi sento che, se a quelle alcun compenso non è in breve dato, elle certissimamente a la più disperata morte che mai uomo facesse mi condurranno. Beato veramente dir si può colui che col freno de la ragione i sensi suoi governa, né da le sfrenate voglie trasportar si lascia. E chi altrimenti fa giudicio, io tengo che non uomo, ma più tosto animale senza ragione si debbia dire, ché per questo solo siamo noi da le bestie differenti, imperò che elle tutto quello che fanno, tratte dal loro naturale istinto adoperano e mandano ad essecuzione, e seguitano in tutto l’appetito. Ma noi con la misura de la ragione possiamo e debbiamo l’azioni nostre misurare, e quello eleggere che più dritto e conforme al giusto ci pare. E se talora del destro e vero camino erriamo, la colpa pure è nostra, che invaghiti d’un apparente e falso diletto ci lasciamo al disordinato