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IL BANDELLO
a l’illustrissimo e reverendissimo signore
del titolo dei santi Giovanni e Paolo
monsignor giorgio cardinale d’armignacco.
Essendo venuta la nuova de la morte d’Enrico di questo nome ottavo re d’Inghilterra, e leggendosi le lettere di cotal nuova a la presenza de la magnanima eroina madama Gostanza Rangona e Fregosa, si ragionò dopoi variamente, secondo che agli astanti occorreva, de l’azioni ed opere del morto re. Indi vi furono di quelli che ragionevolmente discorsero esser stato quell’isola come un praticello che varie erbe tanto buone quanto triste produce, perciò che leggendo l’istorie si vedrá quel paese aver produtto regi in arme, in cortesia e per integritá di vita eccellentissimi e veramente degni d’esser dai buoni scrittori a l’eternitá de la memoria consacrati. Ce ne sono poi stati di quelli dei quali si può affermare ciò che di Annibaie scrive il candidissimo istorico Livio, dicendo che tante sue vertuti, quante narrate aveva, vizi grandissimi agguagliavano. Ma io crederei poter veramente scrivere che in molti dei regi inglesi le sceleraggini loro di gran lunga avanzavano quelle poche buone parti che avevano, con ciò sia cosa che alcuni per le azioni loro si sono non rettori, prencipi e regi, ma fieri e crudelissimi tiranni dimostrati. E tra gli altri vituperosi ed abominevoli vizi di cui erano macchiati, bruttati e pieni, la crudeltá e la lussuria hanno tenuto il prencipato, perciò che ci sono stati di quelli che del sangue umano piú vaghi dimostri si sono e di quello aver piú sete che non ha l’ape del timo. Quanti giá ce ne furono che senza pietá alcuna e, che peggio è, senza cagione hanno spento la maggior parte de la nobiltá de l’isola, mozzando il capo a quel prencipe, suffocando quell’altro ed ogni di ammazzandone