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NOVELLA XXXVI 265 finestra e si tirò a dentro. Accrebbe questo atto grandissima fede a le parole di Romulo che dette aveva al padrone, il quale di malissima voglia pieno se ne tornò a casa, e con Romulo cominciò a lamentarsi de la sua disgrazia e mala fortuna, e stimolato da la còlerà dire che Catella non era perciò la più bella giovane del mondo né la più nobile, che tanto devesse insuperbirsi e disprezzarlo, e su questa materia disse cose assai. Quivi Romulo cominciò molto destramente a dir al padrone che queste erano cose che il più de le volte solevano avvenire o per sdegni o per male lingue o perché gli animi non son conformi, perciò che chiaramente si vede che assai sovente l’uomo amerà una donna che mai non si piegherà ad amarlo, e un’altra donna amerà lui che egli non si potrà disporre d’amar lei. E continovandosi cotesti ragionamenti, disse Lattanzio: — In vero, Romulo, tu dici il fatto come sta e la pura verità. Io questi mesi passati fui amato da una de le più belle fanciulle di questa città ch’era nuovamente venuta da Roma, e so che mi voleva tutto il suo bene, ed io amava lei molto caldamente. Ma ella andò non so dove e stette molti giorni fuori, ed in quel mezzo mi venne veduta questa superba di Catella, di modo che, lasciato l’amor di colei e in tutto messala dopo le spalle ed in oblio, attesi a servir cotesta ingrata. I.’altra poi, ritornata ne la città, mi mandò lettere e messi, ed io di nulla mi curai. — Signor mio — disse alora Romulo, — egli vi sta molto bene ed avete ricevuto il contracambio che meritavate, perché se voi eravate tanto amato da cosi bella giovane come mi dite, voi avete senza fine mal fatto a lasciarla per questa, la quale noi sapendo fa le vendette di colei. Egli si vuol amar chi ama e non seguir chi se ne fugge. Chi sa che quella bella fanciulla ancor non v’ami e viva per voi in pessima contentezza? Con ciò sia cosa che io molte volte ho sentito dire che le fanciulle nei lor primi amori amano assai più teneramente e con maggior fervore che non fanno gli uomini. A me pare che il cor mi dica che quella sfortunata garzona debbia per voi consumarsi e menar una afflitta e penace vita. — Io non so questo—disse Lattanzio, — ma so bene che mi amava molto forte e che è bellissima, e