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NOVELLA XXXVI 259 cominciò andar per la contrada quinci e quindi riguardando, come fanno i fanciulli stranieri quando in luogo arrivano non più veduto. Come Lattanzio lo vide andar cosi vagabondo, giudicò che fosse alcun garzone che_ più in Esi stato non fosse e che per aventura andasse cercando padrone; onde essendo giunto dinanzi a la porta ov’egli se ne stava, gli disse: — Giovine, sei tu di questa terra? — Rispose Romulo : — Signore, io son romano, povero garzone — e diceva il vero perciò che era nato e nodrito in Roma, — che dal sacco di Roma in qua ove perdei mio padre, ché già di molti anni innanzi mia madre mori, me ne vado vagabondo. Né so dove, perché mi son messo a servir alcuni, e volevano ch’io stregghiassi mule e cavalli, il che io per non ci esser avvezzo non so fare. Ho ben servito in Roma un padrone per paggio e attendeva a la persona sua e a la camera, ma il povero signore nel sacco fu gettato ferito in Tevere e v'annegò. E perché io lo piangeva, uno spagnuolo marrano mi diede di molte busse. Di modo, signor mio, che io la faccio molto male. — Se tu vuoi — disse alora Lattanzio — restar meco e come tu dici servirmi, io ti terrò molto volentieri, e se tu mi sodisfarai, io ti tratterò di modo che sempre di me ti loderai. — Signore, io ci starò — rispose Romulo, — né altro voglio da voi se non che secondo la mia servitù sia da voi riconosciuto. — E cosi entrò in casa col padrone e attese con tanta diligenza, destrezza e politezza a servire che in pochi giorni spense ne l’animo del padrone il desiderio del perugino. Lattanzio meravigliosamente se ne contentava e si gloriava d'aver trovato il più gentile, costumato e discreto paggio che mai fosse, e lo vesti galantemente, e tra l'altre vestimenta che gli fece 10 vesti da capo a piedi tutto di bianco. Romulo si riputava felicissimo, parendogli d'esser in paradiso. Ora, come già avete sentito, esso Lattanzio ardentissimamente amava Catella figliuola di Gerardo Lanzetti, ed ogni di le passava dinanzi a la casa, mostrandole con atti e con cenni che per lei miseramente ardeva. Catella ancor che gli mostrasse buon viso, nondimeno molto di lui non si curava né ancor a le fiamme amorose apriva 11 petto. Egli l’aveva mandate lettere, messi ed ambasciate, ma