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256 PARTE SECONDA avendo inteso che Ambrogio se n’era ito, si tenne per certo ch’egli avesse menata seco la figliuola, ed usando diligenza per investigarne il vero e nulla di certo trovando, si disperava e dimorava molto di mala voglia. Tuttavia, come giovine nobile ed appetitoso, non stette troppo che vide un giorno la figliuola di Gerardo Lanzetti che era assai bella garzona e piacevole, onde con la vista di costei spense la ricordanza de l’amante e in tutto la pose in oblio. Per il contrario la dolente Nicuola viveva in pessima contentezza, veggendosi di tal maniera da Esi partita che al suo amante non aveva né per lettere né per ambasciate potuto dir addio, e non faceva altro che rammaricarsi e di continovo l’era in core il suo Lattanzio. A questo ella pensava di e notte e un’ora le pareva mill’anni che il padre venisse, per ritornarsene ad Esi a veder colui che più amava che gli occhi propri. E per esser in casa de lo zio a Fabriano, che era uomo austero e rigido e a cui non piaceva che le figliuole da marito avessero libertà di parlar con persona se non ben conosciuta, né voleva che andassero trescando in qua e in là ma che attendessero a’ lor lavori feminili, non seppe mai Nicuola trovar modo di poter scriver a Lattanzio. Le sue cugine le tenevano sempre compagnia, e pensando che la sua malinconia provenisse per la lontananza del padre, a la meglio che sapevano la consolavano. Stette la sconsolata Nicuola in questa amarissima vita circa sette mesi, ché tanto penò il padre a tornar da Roma, e passò per Fabriano a pigliar la figliuola e rimenarla ad Esi. Ella a cui pareva d’uscir de lo inferno e ritornar al paradiso, tanto allegramente col padre andò quanto voi potete imaginarvi. Tornata adunque ad Esi, tutta la sua gioia se le converti in doloroso pianto e in tanta fiera gelosia che quasi di cordoglio seppe morire, perciò che trovò il suo amante impegnato ad altri che a’ giudei. E che peggio era, egli tanto di lei mostrava di ricordarsi quanto se mai veduta non l’avesse. Io vorrei adesso aver qui queste fanciulle che dànno si facil credenza a le ambasciate di questi giovini, che sono come l’asino del pentolaio che dà del capo in ogni porta: io mostrarei loro — perdonatemi voi, giovini che qui séte — che de le cento le