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NOVELLA XXXVI 253 non credo che passassero quattro anni che tu non n’averesti trovati vivi duo o tre mila al più. E il duca di Borbone dei reali de la Francia, che da Francesco primo di questo nome re di quel regno era stato fatto il maggior uomo che si fosse, ed essendosi fatto ribello al suo re s’era messo ai servigi di Carlo d’Austria imperadore, fu il primo a sofferir la pena del peccato che faceva fare; che essendo generai capitano de l’essercito imperiale, prima che potesse aver allegrezza di veder presa Roma, fu d’una archibugiata miserabilmente morto. Ed ancor che la maggior parte dei saccheggiatori e rubatori cosi de le cose sacre come de le profane e violatori de le sacre vergini mariali fossero, come s’è detto, nemici de la fede di Cristo, nondimeno quelli che governavano non potevano tanti sacrilegi, incesti, stupri, omicidii ed altre sceleraggini vietare e pensare che molti e molti per la violata religione sono mal capitati? Non si sa che il magno Pompeio, uomo eccellentissimo, dopoi che in Gerusalem violò il santo tempio di Dio, sempre andò mancando de la solita sua grandezza, né più fece impresa alcuna che fosse da esser agguagliata a tante sue imprese fatte per avanti, per le quali tanti trionfi meritati aveva? Ma dove mi lascio io trasportare? Voi non eravate già qui né io venuto ci sono per pianger le rovine di Roma. Ma avendovi io promesso di narrarvi una novella, vi dico che in Roma, quando fu dagli imperiali presa ed andatoci a sacco ogni cosa, vi fu fatto prigione un marchiano da Esi, mio compatriota, detto per nome Ambrogio Nanni, uomo d’oneste ricchezze e lealissimo mercadante, a cui per la morte de la moglie erano restati dui figliuoli, un maschio ed una femina, nati in Roma. Erano tutti dui oltra ogni credenza bellissimi e tanto simili l’uno a l’altra e l’altra a l’uno, che vestiti tutti dui da uomo o da donna era molto difficile il conoscerli. Onde il padre istesso, che talora per trastullo gli faceva ora a un modo ed ora a un altro vestire, non gli sapeva conoscere. E per esser nati a un parto erano d’ugual grandezza. Ave- vagli Ambrogio fatto imparar lettere e sonare e cantare e tanto bene accostumare quanto l’età loro comportava. Quando Roma fu messa a sacco erano d’anni quindici o poco più. Fu il