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IL BANDELLO

a l’illustre e vertuoso signore

il conte

niccolò d’arco


Eravamo questi anni passati a Pinaruolo molti in compagnia fuor de la terra a seder in un praticello pieno di verde e minutissima erbetta, per la quale in un canaletto correva una limpidissima e molto fresca fontana, la quale col suo dolce e piace volmormorio rendeva un soave e dilettevol suono. Quivi ragionando noi di molte cose, sovravvenne la buona memoria del signor conte Guido Rangone, alora generai luogotenente in Italia del re cristianissimo, che accompagnato da molti signori e capitani ed altri soldati andava d’ogn’intorno a le mura de la terra, disegnando lá un baloardo, colá una piattaforma ed altrove un bastione ed altri ripari secondo che la diversitá del sito ricercava, perché Pinaruolo parte è in colle, parte al declivo del monte e parte in terra piana. Erano seco alcuni ingegneri con i quali conferiva il tutto, e voleva di ciascuno il parere; poi quello che pareva il piú ragionevole e piú a profitto de la sicurezza del luogo si metteva in opera, di modo che in assai breve tempo rese quella terra fortissima. Come noi il vedemmo, tutti levammo in piedi a fargli riverenza, ed egli che era umanissimo e cortese signore, ci salutò molto graziosamente e andò al suo camino. Era seco Vespasiano da Esi, strenuo e gentilissimo soldato, il quale oltra l’esser prode de la persona aveva molte buone parti di gentiluomo, essendo cortese, costumato, uomo di giudizio e di buone lettere ornato e nemicissimo de l’ozio, perciò che sempre era o ne le cose de la milizia occupato o in compagnia a ragionar di cose vertuose, o lo trovavi con alcun libro in mano. Com’egli ci vide, rivolto a me, mi