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240 PARTE SECONDA altro non ci è che dire, io dirò pur come mono. Egli stette parecchi anni in grazia appo il re, ed accecato dal favore era molto facile a far mozzar capi a questi e a quelli, e quanto erano più nobili e grandi tanto più volentieri mostrava il suo potere sopra loro, o fossero di chiesa o fossero secolari. Or avvenne che desiderando egli far morire il vescovo di Vincestre non so per qual cagione, che essendo nel conseglio privato del re, gli disse che si devesse andar a render prigione per parte del re ne la Torre, luogo ove mai nessuno entrò che non fosse ucciso, per quello che dicono i paesani. Smarrito il vescovo di tal co- mandamento, rispose che non sapeva per qual cagione se gli facesse questo e che voleva prima parlar al re. — Voi non potete — disse il contestabile — parlargli. Andate pur ove io vi dico, — e comandò a quattro dei suoi che lo menassero prigione. E quivi furono a le contese. Il duca di Suffoco, nemico del Cremonello, andò in quello a parlar al re che era in una camera vicina, e gli disse la contesa che era tra il contestabile e il vescovo. Il re, che nulla ne sapeva, mandò un suo gentiluomo di camera a domandar il vescovo. Sentendo questo, il contestabile forte si sdegnò e andò a casa, ove stette quattro di che non si vide in corte né in conseglio. Il vescovo, presentatosi al re, disse che non sapeva d’esser colpevole e che era in mano di quello, il quale facesse far di lui giustizia se aveva fallito. Veggendo il re che il Cremonello non compariva in corte e che niente si trovava contra il vescovo, lo liberò e disse, che da tutta la corte fu sentito: — Io vo’ pur veder chi saperà più tener la sua còlerà, o io che sono re o Tomaso Cremonello. — In questo mezzo conoscendosi il re esser turbato, gli furono date di molte querele contra il contestabile, e si trovò che di molti misfatti era colpevole e massimamente circa il fatto de la giustizia. Passati che furono quattro di, andò il contestabile al conseglio privato, ed essendo serrato il luogo ove era congregato il conseglio, il re mandò un cameriera a dire a la famiglia del Cremonello come egli quella matina desinava col re e che andassero a desinare e poi tornassero. Partirono tutti, e il re fece venir i suoi arcieri e star dinanzi a la porta del