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20 PARTE SECONDA l’incude e il martello, non sapeva che farsi. Ma sentendosi ogni giorno nuovi incendi fatti da Meguolo per il paese, e cominciando già il popolo a tumultuare, e grandi e piccioli liberamente dicendo che il favorito cortegiano deveva darsi in poter di Meguolo, che ne facesse ciò che più gli era a grado, a ciò che il paese non si guastasse; impaurito l’imperadore che la provincia non si sollevasse contra lui, deliberò andar in persona a parlar con Meguolo. E mandatogli un araldo per sicurezza sua e di chi seco andasse, ed avutala, andò a la marina ove Meguolo era, assai vicino al lito. Menò seco l’imperadore il favorito cortegiano, e come fu per iscontro a le galere, che tanto erano vicine che potevano parlarsi insieme, dopo le prime date e rese salutazioni, fece che l’ingiuriante giovine con una fune al collo entrò alcuni passi in mare e con le braccia in croce umilmente quattro e cinque volte chiese perdono a Meguolo. L’imperadore poi dopo molte parole disse a Meguolo che questo atto di umiltà gli deveva bastare per sodisfacimento de l’ingiuria. A cui rispose Meguolo che non si terrebbe sodisfatto già mai se il cortegiano non aveva liberamente ne le mani; onde l’imperadore, astretto dai suoi, con le lagrime su gli occhi Io mandò suso un battello in galera. Tenevano tutti per fermo che l’ira di Meguolo non si devesse saziare se non con la morte de l’effeminato giovine, il quale, veggendosi andar in potere del suo armato nemico, come un fanciullo fieramente sferzato senza fine piangeva. E come fu in galera, piangendo tuttavia, s’inginocchiò avanti a Meguolo chiamando mercé. Il vittorioso Meguolo alzò un piede e con una pedata percosse il nemico nel volto si fortemente che gli fece uscir il sangue dal naso e da la bocca, e riversarsi in terra. Fattolo poi levare, disse con alta voce, di modo che l’imperadore e tutti gli altri l’intesero: — Io nel principio che con queste galere cominciai a costeggiar queste contrade, comandai che a le femine non si desse nocumento; perciò tu devevi pensare che io non incrudelirei contra una vii feminuccia. — Alludeva Meguolo con queste parole a le lagrime del cortegiano ed al disonesto ufficiò di quello. Lo rese poi a l’imperadore, il quale gliene rese grazie infinite e s’offerse dargli