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NOVELLA XXXIII 225 aveva sempre portato buon nome d’onesta e pudica madrona. Ma che che se ne fosse cagione, cominciò il marito a venirle a noia ed in fastidio, e non si sodisfacendo degli abbracciamenti di quello, deliberò di procacciarsi altrove chi le scotesse il pelliccione. Era in Grassa un cittadino* dottore chiamato messer Gian Tolonio, del quale ella fieramente s’innamorò. Questo Tolonio tutto il di praticava a Cabrio, perché era avvocato e procuratore d’esso signor del castello e governava tutti gli affari di quello. Con costui ella in modo si domesticò che più e più volte presero insieme amorosamente piacere; onde per meglio goder questo suo dottore, convenne con lui di far ammazzar il marito, non le parendo assai d’avergli posto in capo il cimiero de le corna se anco noi faceva morire. Fatta tra loro cotal deliberazione, trovarono un Gioan Tros, uomo di pessima condizione, al quale diedero certa somma di danari, ed egli, trovato un altro suo compagno, uomo di mala sorte, gli communicò ciò che far intendeva. 11 perché accordatosi e mascherati, un giorno dinanzi a la porta del castello di Cabrio ammazzarono crudelissimamente il povero signor del luogo. E cosi andò la bisogna che né i malfattori furono conosciuti né de la moglie e del dottore mai non s’ebbe sospetto alcuno. Mostrò nel publico la malvagia femina grandissimo dolore de la morte del marito, ed insieme con il dottore fece dimostrazioni assai di ritrovar gli omicidiari ; e i propri assassini erano i ministri che facevano la inquisizione per comandamento de la donna, come signora di Cabrio. In questo avendo campo libero la donna di ritrovarsi con il suo adultero, attendeva a darsi buon tempo. Nondimeno usando meno che discretamente la domestichezza loro, uno dei figliuoli s’accorse del disonesto viver de la madre e, oltra modo di mala voglia, un di con lei da figliuolo amorevole se ne condolse. Ella con sue false ragioni si sforzò di levar di capo al figliuolo la openione che aveva, dicendogli che il Tolonio era uomo da bene e grande e fedelissimo amico de la casa, e che aveva tutti i fatti loro in mano e che era necessario che da tutte l’ore ella praticasse con quello per le faccende che occorrevano d’ora in ora, non ci essendo persona che per lungo tempo avesse la M. Bandello, Novelle. ‘5