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NOVELLA XXX 203 che io regolatamente farò cantare. — Il re, desideroso di veder che fine averebbe cotal fatto, gli fece quel di medesimo da uno dei suoi tesorieri numerar quella somma di danari che egli domandò. Si meravigliava ciascuno de. l’impresa de l’abbate e dicevano ch’egli era stato folle a mettersi a quel rischio, perciò che il re s’era convenuto seco che non gli riuscendo questa musica porcellina, che gli pagasse altri tanti scudi quand n’aveva ricevuti dal tesoriero, e se riusciva, ogni cosa restava a l'abbate. Ma l’abbate diceva a tutti coloro, che erano uomini di poco spirito e che non sapevano far nulla, e che tutto quello che essi non sapevano fare si pensavano esser impossibile. Pigliò l’abbate termine un mese a fare questa musica e in quel tempo comperò trentadui porcelli di varia età, scegliendone otto per tenore, otto per il basso, otto per il sovrano e otto per l’alto. Di poi fece un instrumento con i suoi tasti a modo d’organo, con fili lunghi di rame in capo dei quali maestrevolmente erano alligati certi ferri di punta acutissima, i quali secondo che i tasti erano tócchi ferivano quei porcelli che egli voleva, onde ne resultava una meravigliosa armonia, avendo egli sotto un padiglione fatti legar i porcelli secondo l’ordine che si ricercava, e di modo che non poteva essere che al toccar dei tasti non fossero punti. Provò cinque o sei volte l’abbate la sua musica, e trovando che molto bene gli riusciva, innanzi al termine di quattro giorni invitò il re a sentir la musica porcellina. Era alora il re a Tours con tutta la corte, e bramoso di veder e sentire cotal armonia, andarono ne la badia di Ma- mostier che fondò san Martino, ove l’abbate aveva il tutto apparecchiato. E veggendo il padiglione teso e l’instrumento a foggia d’organo a quello attaccato, stavano tutti con meraviglia, non si sapendo imaginare che cosa si fosse e meno che ci era sotto il padiglione. Ciascuno si fermò, ed il re disse a l’abbate che facesse l’ufficio suo. L’abbate alora accostatosi al suo instrumento cominciò a toccar quei tasti comesi suona l’organo, con si fatta maniera che, grugnendo i porci secondo l’ordine che erano tócchi e trafitti, ne resultava una buona consonan- zia ed una musica non mai più sentita, ma meravigliosamente