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l6 PARTE SECONDA poi che con loro stette alcuni pochi giorni in festa e consolazione, ordinò un sontuoso convito in una sua amenissima villa vicina a la città, e vi fece convitar quei parenti ed amici suoi dei quali a lui parve potersi prevalere. Poi che si fu desinato e le tavole levate, essendo i servidori andati a mangiare, Meguolo con accommodate parole, ché era bellissimo parlatore, narrò a tutti il caso che in Trebisonda occorso gli era ed il poco conto che di lui e di tutta la nazione genovese aveva l’imperador dimostrato. Narrato che ebbe il successo del caso, manifestò loro la deliberazione che ne l’animo più e più volte aveva fatta, di voler prima morire che restar con quel mostaccione sul viso. E perché Meguolo era pratichissimo di quei mari e paesi di Trebisonda, mostrò quanto legger cosa sarebbe il potersi vendicar de l’ingiuria ricevuta se lo volevano seguitare, ed oltra il vendicarsi divenir tutti ricchi. Indi affettuosamente gli pregò che volessero aiutarlo, e che da loro non voleva né roba né danari, ma che ciascuno d’essi trovasse tanti compagni che fossero bastanti per armar due galere, ché egli pagherebbe tutte le spese. Tutti quei che al ragionare di Meguolo erano presenti, che per il più erano Lercari, e tutti gli altri, udita l’offesa del parente ed amico che sommamente amavano e avevano caro, molto con lui si condolsero de la disgrazia sua, e tutti largamente se gli offersero andar seco in persona e tanta ciurma condurvi che armerebbero due de le meglior galere che a quei tempi solcassero Tacque marine, soggiungendo che non si devesse perder tempo a metter in essecuzione si giusta vendetta. Vedendo Meguolo la pronta deliberazione dei suoi parenti ed amici, molto gli ringraziò, e non dando indugio al fatto, fece con somma diligenza fabricar due galere a San Pietro d’Arena, e fabricate che furono e provedute di quanto era mestiere, le fece spalmare. Gli amici in questo tempo avendo provisto di ciurma e di valentuomini per menar le mani al bisogno-, insieme con Meguolo se ne montarono in galera, e tutti avuti buon soldo, là circa mezzo aprile diedero di remi in acqua e s’inviarono a la volta del mar di Trebisonda, e senza impedimento veruno or a vela or a remi pervennero nei mari de l’imperio di Trebisonda. Quivi giunti, cominciarono