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NOVELLA XXIV

portata la pena che meritava e gli altri fossero restati vivi, o che almeno il cavaliero l’avesse di quella maniera concio che in Bergamasca il famoso a quei tempi capitano Bartolomeo Cóleoni di sua mano conciò un prete. Io vi ho lungo tempo tenuto in ragionamento di cosa dispiacevole che impossibil è che si racconti senza compassione. Ma volendo io narrar il caso com’era successo, non poteva altrimenti fare che per símil camino non vi conducessi. Ed ancor che a me stesso dispiacesse l’andarmi tanto ravvolgendo in materia cosí lagrimosa, nondimeno considerando il profitto che tutti ne potranno cavare, ho narrato questa istoria molto piú volentieri che qualche altra che ho per le mani, per la quale forse vi averei fatto ridere senza altro male. Debbiamo adunque tutti far ogni sforzo a noi possibile, a fine che non lasciamo dentro a’ nostri petti radicare queste cosi ardenti concupiscibili passioni e tanto sfrenate, perciò che il piú de le volte se mandano altamente le radici entro a’ nostri fragili cori, ne inducano poi a mille disordini e di maniera ci avviluppano il cervello, che non mezzanamente convien che ci affatichiamo se vogliamo in noi ripigliar il freno dei nostri mal regolati desidèri. Perciò se farete per mio conseglio, tutti i pensier vostri e tutte le voglie fermerete a la caviglia de la ragione; il che facendo, non ci sará periglio che l’appetito vi trasporti a far opera veruna meno che lodata. Debbiamo anco con giudizioso occhio internamente mirare con chi pratichiamo e di chi ci fidiamo, tenendo per vero e fermo il volgar proverbio: che non è ingannato se non chi si fida. Ma chi è saggio sa ottimamente far elezione di quella persona de la quale egli fidar si deve.