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NOVELLA XXIV boccone e morio in brevissimo spazio d'ora, avendo sempre la culla di sopra. La damigella, poi che ebbe trovato ciò che era ita a ricercare, tornò a la padrona ed entrando in camera senti lo strepito che faceva la sfortunata dama, che, non essendo ancora in tutto morta, gemeva e singhiozzavi assai forte e si dimenava fieramente. A questo romore la damigella fattasi avanti col lume in mano, avvicinandosi a la culla e quella trovata riversa e di già il tenero fanciullo trapassato ma ancora tepido, e veduto il fiero ed orribil spettacolo de la donna che col lenzuolo annodato al collo era ne l'ultimo punto del morire e faceva i più orrendi atti e spaventevoli del mondo, cominciò con gridi altissimi a mandar le voci al cielo e far un lamento cosi pietoso che averia mosso a pietà i più barbari e crudeli cori che possano trovarsi. Sapete che l’orrore ed il silenzio de la notte sempre seco apporta più di téma e di spavento che non fanno i romori del giorno. Risuonava il tetto dei fieri e lagrimosi gridi de la dolente giovane, e il batter che faceva con le mani per tutto si sentiva. Abbracciata poi la misera donna che l'ultimo spirito mandava fuori, piangendo diceva: — Ahi lassa me! dolce mia padrona, perché cosi miserabilmente m’avete ingannata e voi crudelissimamente perduta? perché meco le passioni vostre non avete communicate? perché non deponeste voi nel mio petto cosi fiero proponimento, cosi deliberata voluntà, a fine o che io v’avessi consegliata e levata fuor di cosi orridi e crudi pensieri, o fossi stata in tanti martiri vostra compagna, e come sempre di qua fedelmente v’ho servita, vi fossi anco venuta dietro e sofferto questa medesima fortuna che voi, lassa me! cosi fieramente sofferta avete? Per questo mi mandaste voi fuori a recarvi queste cosette, a ciò che io non vi potessi dare aita? Ahi lassa me! che debb’io fare? Onde cosi subito è nato nel vostro delicato petto, nel vostro pietoso core cosi duro e cosi dispietato pensiero d’ancidervi e con le proprie mani strangolarvi? Io sin da fanciulla fui con voi nodrita e qui venni vosco quando a marito veniste, e sempre d’ogni vostro pensiero vi piacque la vostra mercé farmi consapevole; e perché ora m’avete voi questo che tanto importava celato? Già mai in voi non conobbi cosa degna d’una minima riprensione e atto