Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, II.djvu/86

IL BANDELLO

al molto illustre e valoroso signore

il signor

giovanni de’ medici


Egli vi deveria sovvenir di quel giorno quando il nostro ingegnoso inesser Niccolò Macchiavelli sotto Milano volle far quell’ordinanza di fanti di cui egli molto innanzi nel suo libro de l’arte militare diffusamente aveva trattato. Si conobbe alora quanta differenza sia da chi sa e non ha messo in opera ciò che sa, da quello che oltra il sapere ha piú volte messe le mani, come dir si suole, in pasta e dedutto il pensiero e concetto de l’animo suo in opera esteriore, perciò che sempre il pratico ed essercitato con minor fatica opererá che non fará l’inesperto, essendo l’esperienza maestra de le cose, di modo che anco s’è veduto alcuna volta una persona senza scienza, ma lungamente essercitata in qualche mestieri, saperlo molto meglio fare che non saperá uno in quell’arte dotto ma non esperimentato. Niente di meno quel dotto benissimo ne parlerá e disputerá dottamente. Messer Niccolò quel di ci tenne al sole piú di due ore a bada per ordinar tre mila fanti secondo quell’ordine che aveva scritto, e mai non gli venne fatto di potergli ordinare. Tuttavia egli ne parlava si bene e si chiaramente e con le parole sue mostrava la cosa esser fuor di modo si facile che io che nulla ne so mi credeva di leggero, le sue ragioni e discorsi udendo, aver potuto quella fanteria ordinare. E son certo, se messo mi vi fossi, che sarei stato come un picciolo augello al vischio còlto, che quanto piú si dimena e s’affatica d’uscire de la pania assai piú s’invischia e miseramente intrica. Ora veggendo voi che messer Niccolò non era per fornirla cosí tosto mi diceste: — Bandello, io vo’ cavar tutti noi di fastidio e che andiamo a desinare. — E detto alora