rimedi. Fate buon animo. — Questo sentendo ser Gandino si fece
innanzi e disse: — Domine magister, vedete ed intendetemi bene
e sanamente, ché talora voi non vi dessi ad intendere ch’io fossi
un sempliciotto che non intendessi i casi miei, lo son ben contento che voi tocchiate il corpo de la mia consorte, se cosí ricerca
questa sua infermitá e che senza questo non si possa medicare; si
si, io son contento. Ma da voi infuora, non pensate giá che io
sofferissi che uomo del mondo, sia chi si voglia ed abbia nome
come si voglia, le mettessi le mani su la carne. No no, noi crediate che io lo sopportassi. Io non lo comportarci a chi si sia;
bene sta che io sofferissi coteste cose. Io amo l’onor mio quanto
un altro, ma ne le cose de le donne io non voglio compagno né
amico né parente. Intendetemi voi? Toccate destramente. — Il Carenzone che era astutissimo ed averebbe fatta la salsa agli spoletini,
e per esser giá lungo tempo pratico in casa sapeva gli
amori de la Zanina come ella aveva posto il braccio in capo
a questo ser capocchio e di modo con la camarra imbrigliato
che non si poteva volgere se non quanto ella voleva, fu quasi
per scoppiare de le risa; pur si ritenne e con buon viso gli disse:
— In fé di Dio, compare, e’ si vuol far cosí. Chi vuol aver moglie
da bene faccia come voi. — Ben sapete, messer mio, che questa
è la vera strada di tenere le femine in cervello. Voi séte per
Dio un savio par vostro e me ne rallegro con voi. Attendiamo
a questo di bene in meglio. Ma ditemi, che vi pare del male
de la Zanina? — Ella non aveva male — rispose il medico, e
fattosi dar da scrivere ordinò alcuni ogli per unger il corpo de la
donna ed un cristero che pigliasse la seguente matina a buon’ora.
Fatto questo, gli parve un’ora mille anni che corresse a dire questa
castroneria di Gandino a la signora Clarice. Se vi fu da ridere e
da beffarsi del bergamasco, pensatelo voi, parendo a la signora e
a tutti gli altri che d’ora in ora, de le sciocchezze, goffitá e pazzie
di questo bestione nascessero nuovi soggetti da far ridere i sassi.
Come giá si è detto, temeva sempre Gandino che Zanina non si
morisse di fame e la cibava con polpe di perdici ed ova fresche
tre e quattro volte il giorno, e la notte anco le faceva mangiar
«manuscristi» ed altri confetti. Ella che on si vedeva mai sazia