Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, II.djvu/407

404 PARTE SECONDA manifestamente provo? Lietissimo sono io e vie più che dir non si può, di gioia e contentezza pieno, poi che a 1’improviso veggio voi, consorte mia dolcissima, viva, che morta credei e tanto amaramente ho pianto. E veramente, moglie mia soavissima, in questo casodebb’io ragionevolmente allegrarmi con voi. Ma doglia inestimabile e dolore senza pari patisco pensando che tantosto più non mi si concederà di vedervi, udirvi e starmi vosco godendo la vostra dolcissima compagnia tanto da me bramata. È ben vero che la gioia di vedervi viva avanza di gran lunga quella doglia che mi tormenta, appropinquandosi l’ora che da voi dividermi deve; e prego il nostro signor Iddio che gli anni i quali a l'infelice mia gioventù leva, aggiunga a la vostra e vi conceda che lungamente con più felice sorte di me possiate vivere, ché io sento che già la vita mia finisce. — Giulietta sentendo ciò che Romeo diceva, essendosi già alquanto rilevata, gli disse: — Che parole son coteste, signor mio, che voi ora mi dite? questa è la consolazione che volete darmi? e da Mantova qui séte venuto a portarmi si fatta nuova? Che cosa vi sentite voi? — Narrolle alora lo sventurato Romeo il caso del veleno che bevuto aveva. — Oimè, oimè — disse Giulietta, — che sento io? che mi dite voi? Lassa me! adunque a quello che io odo, non v’ha fra Lorenzo scritto l'ordine che egli ed io insieme avevamo messo? che pur mi promise che il tutto vi scriveria. — Cosi la sconsolata giovane piena d’amarissimo cordoglio, lagrimando, gridando, sospirando e quasi di smania fuor di sé andando, contò minutamente ciò che il frate ed ella ordinato avevano a ciò che ella non fosse astretta a sposar il marito che il padre voleva darle. 11 che udendo Romeo, accrebbe infinitamente dolore agli affanni che sofferiva. E mentre che Giulietta fieramente del lor infortunio si querelava e chiamava il cielo e le stelle con tutti gli elementi crudelissimi, vide Romeo quivi il corpo del morto Tebaldo che alcuni mesi innanzi egli ne la zuffa, come già intendeste, aveva ucciso. E riconosciutolo, verso quello rivolto disse: — Tebaldo, ovunque tu ti sia, tu dèi sapere che io non cercava d’offenderti, anzi entrai ne la mischia per acquetarla e ti ammonii che tu facessi ritirar i tuoi, ché io ai