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NOVELLA IX quale oltra i servidori suoi aveva anco seco alcuni giovini suoi compagni, ed andavano per la città a diporto. Egli veduti i suoi parenti esser a le mani con i Capelletti, si turbò forte, perciò che sapendo la pratica che era de la pace che maneggiava messer lo frate, non averebbe voluto che- questione si fosse fatta. E per acquetar il romore ai suoi compagni e servidori altamente disse, e fu da molti ne la contrada sentito: — Fratelli, entriamo in mezzo a costoro e vediamo per ogni modo che la zuffa non vada più innanzi, ma sforziamoci a fargli por giù l’arme. — E cosi cominciò egli a ributtar i suoi e gli altri, ed essendo dai compagni seguitato, animosamente s’approvò con fatti e con parole far di modo che la zuffa non procedesse più avanti. Ma nulla puoté operare, perciò che il furore da l’una e l’altra parte era tanto cresciuto che ad altro non attendevano che a menar le mani. Già erano per terra dui o tre per banda caduti, quando indarno affaticatosi Romeo per far a dietro ritirar i suoi, venne Tebaldo per traverso e diede una gagliarda stoccata a Romeo in un fianco. Ma perché egli aveva la corazzina de la maglia non fu ferito, ché lo stocco non puoté passar la corazza. Onde rivoltato verso Tebaldo, con parole amichevoli gli disse: — Tebaldo, tu sei grandemente errato se tu credi che io qui sia venuto per far questione né teco né con i tuoi. Io a caso mi ci sono abbattuto, e venni per levarne via i miei, bramando che oramai viviamo insieme da buoni cittadini. E cosi t’es- sorto e prego che tu faccia con i tuoi, a ciò che più scandalo veruno non segua, ché pur troppo sangue s'è sparso. — Queste parole furono quasi da tutti udite; ma Tebaldo o non intendesse ciò che Romeo diceva o facesse vista di non intenderlo, rispose: — Ah traditore, tu sei morto! — e con furia a dosso se gli avventò per ferirlo su la testa. Romeo che aveva le maniche de la maglia che sempre portava, ed al braccio sinistro avvolta la cappa, se la pose sovra il capo, e rivoltata la punta de la spada verso il nemico, quello dirittamente feri ne la gola e gliela passò di banda in banda, di modo che Tebaldo subito si lasciò cascar boccone in terra morto. Il romore si levò grandissimo, ed arrivando la corte del podestà, dei combattenti chi andò