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NOVELLA VII Cominciò egli ora solo ed ora in compagnia d’altri baroni e signori a passarle dinanzi a la casa, ove se la fortuna gli era tanto propizia e favorevole che a le volte a le finestre o altrove la sua giovane vedesse, si sforzava su gli occhi, poi che il parlare gli era vietato, dimostrarle come per amor di lei tutto si struggeva. Se nei giorni de le feste ella era da la madre ai divini uffici in qualche tempio condutta, il buon abbate aveva sempre uno o duo santi in quella chiesa da visitare e qualche altare da offerir candele. Né guari queste visite e questi suoi andamenti continovò l’abbate, che la giovanetta a cui natura non solo d’esser bella ma d’esser accorta e scaltrita aveva largamente provisto, s’accorse molto bene di che strale il Gesualdo fosse ferito e qual imagine di santo egli andasse per gli altari contemplando. Ma come colei che d’eccellente ingegno e di grand’animo era e che vie più l’onore che cosa di questo mondo stimava, finse mai sempre di nulla avvedersi, in modo che mai di sguardo o di buon viso o d’altro atto non diede a l’amante suo speranza. Cosi ogni volta che accadeva vederlo, né più né meno lo guatava o sembianza di conoscerlo faceva che averebbe fatto d’uno straniero. Il perché il travagliato ed afflitto amante viveva in pessima contentezza di questo suo cosi mal ricompensato amore. Mandarle messi o ambasciate non sapeva in che modo, per star di continovo la giovane in compagnia de la madre. Ma come tutto ’1 di veggiamo che dove meno si spera poter pervenire al desiato fine questi meschini amanti più ostinatamente si inetteno, e quanto è loro una cosa più contesa più cresce in loro di quella l’accesa ed infiammata voglia, l’innamorato abbate da la mal cominciata impresa punto non si levava, anzi pareva che di giorno in giorno il suo fuoco si facesse maggiore. Non potendo adunque de la sua donna in cosa alcuna cavar costrutto, attendeva pure al solito vivere, e d’ora in ora per la contrada ov’ella albergava diportandosi, sperava che a la fine ella diverrebbe di lui pietosa; ma il tutto era dar incenso a' morti. E perché chi ama sempre de la cosa amata cerca saper novelle e mette ogni studio per intender di quella qualche cosa, sperando d’ammorzar in parte l’amorose fiamme, M. Bandkllo, Morelle. 23