Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
NOVELLA VI 347 che Alfonso al capo de la scala per discender venne, avendo seco alcuni dei suoi servidori. Come egli vide il Lavagna che montava, essendo esso Alfonso in grandissima còlerà e non si potendo in modo alcuno dar pace de la perdita de la sua signora che tanto amava, con uno viso turbato e minacciante voce disse al Lavagna: — Ove ne vai, moro bianco e villano tradi- tor che tu sei ? — Il Lavagna che non era uso a portar di groppa e sofferir che altri l’ingiuriasse, o conoscesse Alfonso o no, gli disse che mentiva e che era un giudeo marrano. Da le parole vennero a menar le mani, di modo che il Lavagna gli tirò una brava stoccata e il passò di banda in banda, onde il povero Alfonso subito mori. Gridarono gli spagnuoli: — A l’arme, a l’arine!—e medesimamente il popolo s’armò, e in quella mischia furono morti alcuni spagnuoli. E se l’imperadore con l’autorità sua non vi s’intrometteva, avevano i genovesi animo di vendicar i ricevuti danni al tempo del sacco di Genova. In quei tumulti il Lavagna dubitando de la giustizia, si parti e si salvò su quello di Piacenza.