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IL BANDELLO
a l’illustrissimo e reverendissimo
monsignor
pompeo cardinal colonna
S'io campassi piú anni che non fece Nestore che tanto seppe e tanto visse, non mi uscirá mai di mente la cortese umanitá vostra che, venendo voi di Fiandra col signor Girolamo Adorno ed il signor Cesare Fieramosca quando foste creato cardinale, a me degnaste in Mantova usare a la presenza di monsignor illustrissimo e reverendissimo Sigismondo Gonzaga cardinale di Mantova e dei detti dui signori, la quale nel vero fu oltra ogni credenza inestimabile. Ma che dirò poi de l'accoglienza che a Roma faceste a quello sfortunato bandito Giovanfrancesco Bandello mio padre carissimo, quando egli dal Fieramosca vi fu condotto in camera a farvi riverenza? Se il signor Prospero aveva usato de la solita sua larga liberalitá con esso mio padre, voi non voleste esser in modo alcuno da lui superato. E nondimeno io stimo molto piú quelle onorate parole che a mio padre di me diceste che se mi fosse stata donata una cittá. Onde mi sento cosí fatti lacci avvinti al collo de l'obligo e riverenza ch’io debbo a la gloriosa ed immortal Colonna avere, che eternamente le resto servidore e quella chino, onoro e riverisco. Ora desiderando io di mostrarmi non dirò giá grato, perché la mia bassezza non potrebbe verso tanta altezza usar gratitudine eguale ai ricevuti benefici, ma almeno manifestarmi ricordevole di voi e debitor perpetuo, poi che né oro né argento dar vi posso, dandone tuttavia voi a me ed agli altri, imiterò i poveri contadini, i quali non possendo sacrificar a Dio con mirra o con incenso o con altre cose preziose, gli offeriscono de l’erbe e dei fiori e ne inghirlandano gli altari. Cosi io a ciò che veggiate che io