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NOVELLA XLIX 205 selvaggia e crudele che animo o discorso di creatura razionale. Carlo Montanino non t’offese, che si sappia, già mai, né consente il diritto de la ragione che la colpa di cui egli non è colpevole sia in lui castigata, ma purgare e punir si deve ne la persona che l’ha commessa. Ora avendoti, Anseimo, la natura fatto gentiluomo di nobilissima e generosa stirpe, e la fortuna dei suoi beni essendoti mostrata liberalissima, ché ricco quanto altro che in Siena sia ti ha fatto, non voler a l’una e a l’altra fare ingiuria e mostrarti loro di tanti doni da quelle ricevuti ingrato. E se al mio conseglio che l’onore e bene tuo ti persuade, t’atterrai, tu metterai da canto tutti i rispetti e farai conoscer al mondo che quella che tu ami e le cose sue più a core ti sono e vie più care che quanto oro avesse Mida o Crasso già mai. — Avendo adunque Anseimo solo in camera fatti cotai pensieri e il tutto maturamente discorso, deliberò non voler che Carlo per mancamento di danari morisse; ed avvenissene ciò che si volesse, conchiuse tra sé determinatamente di pagar la con- dannagione del Montanino. Fatta questa deliberazione, apri una sua cassa e trassene mille ducati d’oro, il cui valore assai più valeva che non valevano i mille fiorini che pagar si devevano. Era stato Anseimo buona pezza sui suoi pensieri, il perché essendo l’ora tarda, presi alquanti suoi servidori, se n’andò a trovar il camerlingo che da la Signoria era stato deputato a ricever i danari de le condannagioni fatte a beneficio de lo stato, e trovatolo che ancora ne la camera del suo ufficio era, gli disse: — Eccovi, camerlingo, che io qui v’ho recato mille ducati d’oro, i quali Carlo di messer Tomaso Montanino vi fa sborsare per pagamento de la sua condannagione. Numerateli e dannate la sua ragione, facendomi la poliza che egli sia rilassato e rimesso ne la sua libertà. — Il camerlingo ricevuti ed annoverati i mille ducati, voleva restituire il sopra più dei mille fiorini d’Anseimo, ma egli noi sofferse. Onde il camerlingo, acconcia la partita di Carlo, scrisse la cedula de la rilas- sazione e la diede in mano al Salimbene. Anseimo avuta la scritta la diede ad un suo famigliare, ed essendo già circa le ventitré ore montò a cavallo e se ne ritornò in villa. Colui